analisi delle concezioni
dell'infinitamente grande e dell'infinitamente piccolo, dell'imperfezione della
natura, dei concetti di limite e di finitudine
1.] l’uomo greco, come l’uomo moderno, è traumatizzato dal concetto di
infinito [abbagnano e fornero]. ciò perché essi partecipano della condizione
del dannato che, a differenza dell’anima beata, teme la condizione infernale,
in cui l’infinito non viene commensurato.
2.] nell’al di là [che non è un dove ma un quando: il dopo la morte]
esiste la perfezione della natura. il trauma dell’imperfezione della natura è
trauma dell’inferno, luogo di imperfezione per l’anima dannata.
3.] in ingegneria meccanica si insegna che non esiste la misura
perfetta, per cui il “pezzo” [albero e foro] viene costruito con soglie di “tolleranza”.
questa imperfezione della natura è carattere solo dell’al di qua. nell’al di
là, gli oggetti della tecnica sono perfetti.
4.] in realtà l’uomo nell’al di qua non sarebbe limitato e finito.
questi sono caratteri dell’uomo dannato, condizione partecipata dall’uomo
moderno.
5.] limite e finitudine sono caratteri solo dell’uomo peccatore, che
cerca di inserire l’al di là nell’al di qua.
6.] poiché la “misura” dell’uomo nell’al di qua continua e si prolunga
nell’al di là, in un certo senso l’uomo è già infinito e senza limiti. non
può esserci totale discontinuità tra al di qua e al di
là, altrimenti dopo la morte l'uomo risorto non sarebbe l'uomo
prima della morte [non sarebbe sempre se stesso].
7.] questo lo dice ance severino [“l’uomo
è un re e non sa di esserlo”] e lo dice gesù [“voi siete dei”: gv 10, 34]. la differenza tra queste due parole
consiste nel fatto che severino, in riferimento al punto 5.], è convinto di
aver inserito l’al di là nell’al di qua. ciò che la tecnica vorrebbe ottenere
[nel peccato], severino è convinto che l’uomo già lo possieda, e che ciò appaia dopo la morte.