note a completamento del
paragrafo PTF577.html_[...]:
filosofia del diritto/analisi dell'economia di mercato
filosofia del diritto
1.] nella storia
della filosofia del diritto si concepisce l’origine moderna di questa
disciplina in opposizione al diritto naturale. si dice che la concezione del
diritto di hegel non appartiene al giusnaturalismo. questo perché il
giusnaturalismo separa l’immanenza del diritto positivo dalla trascendenza
dell’origine del diritto naturale [la natura e la ragione intesi come enti necessari
e eterni, mentre la realtà è creata], mentre in hegel tutta la realtà si compie
nell’universo apparente [immanenza], e lo spirito si identifica con i processi
della storia, nella quale si attua il diritto positivo. tuttavia, poichè in
hegel si compie l’identificazione tra reale e razionale, è corretto dire che
nella sua filosofia diritto naturale e diritto positivo si identificano.
2.] nell’ambito della
ricerca epistemica, l’impostazione della filosofia del diritto è hegeliana dal
punto di vista formale [la filosofia del diritto come disciplina
appartenente alla filosofia], ma è giusnaturalistica secondo il contenuto.
3.] leggendo una
storia della filosofia del diritto si comprende quanto segue:
a.] il solo fatto
che si sia storicamente posto il diritto naturale come dottrina, ciò significa che esso è
vero [senza contare che esso è assunto, come la stessa ontologia metafisica,
come vero, in modo evidente, dal magistero ecclesiale, il quale con le sue
posizioni non si pone al di fuori della storia, ma al di sopra di essa].
b.] ogni altra forma
di filosofia del diritto [come il positivismo giuridico, la scuola storica, la teoria generale del
diritto e, in ultimo, il giustecnicismo] sono specificazioni all’interno del diritto naturale, che vengono
erroneamente opposte ad esso.
c.] il diritto
positivo è quello concreto posto dagli uomini, ma gli uomini
hanno una natura
[la natura umana - immagine di dio], per cui sempre la posizione del
diritto
[diritto posto, diritto positivo] avviene secondo natura, e secondo
ragione.
quindi si può dire che il diritto positivo è la
declinazione storica del
diritto naturale. i re, i governanti, i dittatori, i legislatori, i
partiti con i loro programmi politici, i magistrati e la loro
giurisprudenza,
con le loro posizioni del diritto - leggi e sentenze -, si rifanno
sempre ad una idea di giustizia,
che è ciò che il popolo si aspetta, secondo i suoi
bisogni, e quindi secondo la
sua natura, che è umana. ne consegue che, essendo i bisogni
umani anche
contraddittori e conflittuali, posta la divisione tra bene e male
[interna alle
scelte e ai desideri di ogni uomo], è con ciò posta la
divisione e opposizione
tra diritto naturale [secondo dio, la natura buona e i desideri etici]
e
diritto positivo [secondo il male]. la legislazione positiva dei popoli
non è
secondo il male, ma perché essa in concreto pone proprio il
diritto naturale,
il quale non è sempre “celeste” e con ciò
separato dalla terra, ma si
“incarna”/si cala in essa.
d.] il diritto
positivo è diritto imperfetto, il diritto naturale è diritto perfetto: la
storia volge alla convergenza, secondo l’evoluzione e il progresso [spirituali
e non solo materiali], dell’imperfezione alla perfezione, del diritto positivo al
diritto naturale, nel futuro sempre più storicamente, perfettamente posto.
e.] come c’è la
convergenza, c’è anche la divergenza [totalitarismo
storico, stato ingiusto,
anticristo e antistato], ma questa è l’antitesi [secondo
hegel], di cui si pone
storicamente il superamento. l’antitesi nella triade hegeliana ha
un valore
negativo ma anche positivo [per l'arricchimento dellla sintesi: esso
può darsi solo perchè nell'antitesi c'è un
contenuto di bene]: in essa appaiono il paradiso e dio secondo il
concetto, positivi perché realtà buone, negativi
perché realtà attualmente
[nella dimensione terrena] proibite all’uomo [cristo infatti non
appare: gv 16, 10]. oggi l’antitesi al
giusnaturalismo è la posizione del positivismo giuridico come
giustecnicismo
[tecnocrazia, civiltà della tecnica, paradiso della tecnica],
secondo il
dialogo su diritto e tecnica tra irti e severino.
f.] il
giustecnicismo [che pone problemi come quelli detti “questione
antropologica”,
transumanismo, “emergenza educativa”] è prodotto
dall’affidarsi del genere
umano alla tecnica, perché, abbandonato il cristianesimo [nei
processi di
secolarizzazione, modernizzazione e scristianizzazione], cioè
cristo, l’uomo si
affida alla tecnica, immagine viva [e capovolta] di cristo [la
“statua”: ap 13, 14-15]. il
giustecnicismo [tecnica: cristo secondo il concetto] è lo stesso
giusnaturalismo [cristo: cristo secondo il simblo]: mentre nella
dimensione terrena cristo non appare [gv 16, 10], l’uomo lo fa
apparire per
anticipare il paradiso [e così sentirsi salvato e protetto dalla
morte e dall'inferno], e il simulacro apparente di cristo, proiettato
nella
tecnica [nel corpo statale della tecnica], è quindi
l’anticristo. “anti” anche
nel senso dell’anti-tesi secondo hegel. non quindi [nella
concezione epistemica]
un anticristo drammatico, ma come momento in cui l’umanità
sperimenta la
tecnica per conoscere più profondamente il mistero di cristo
[nel peccato di una unione idolatrica con la tecnica]. il superamento
dell’antitesi [tramonto della civiltà della tecnica,
immagine del paradiso celeste:
mt 11, 12/quindi detta “paradiso della tecnica” da
severino, secondo un
fraintendimento del concetto di paradiso e di tecnica, perché la
tecnica è
proprio il paradiso, quello cristiano celeste], porta
l’umanità nel regno di
dio in terra, verso il ritorno di cristo.
g.] la sintesi tra
tesi e antitesi consiste nel fatto che la sperimentazione del male [che è il
paradiso apparente, cioè un “bene” “proibito”: gn 2, 17] arricchisce l’uomo. dopo la
civiltà della tecnica, in cui l’uomo sperimenta il paradiso [mt 11, 12], l’uomo
torna a "nascondere il tesoro" del paradiso, scoperto nella tecnica [mt 13, 44], e con il tramonto della civiltà della
tecnica l’uomo entra nel regno mistico della religione [che è il regno dello
spirito: terreno, carnale, concreto, cristico]. si compie la perfetta
cristianità, fino al ritorno di cristo.
analisi dell'economia di mercato
5.] il mercato è
meritocratico perché l’uomo, fruttando i talenti nella dimensione terrena, acquisisce
una misura di santità, e così consente a dio si strutturare la gerarchia della
anime in paradiso.
6.] lo stato deve
quindi dare fondamento al mercato, tenuto conto però che la santità celeste deve
…
a.] fruttare tutti i
talenti della persona [chi svolge per tutta la sua vita un mestiere umile non
esprime tutte le sue potenzialità].
b.] considerare il
fatto che essa deriva non solo dal lavoro, ma anche da aspetti della vita, di tipo contemplativo,
che sono liberi dal mercato [carità, preghiera, etica, umiltà, penitenza, digiuno, ecc.].
[queste sono le due
componenti della santità, il lavoro e la preghiera: “ora et labora”].
7.] il mercato deve
quindi non imprigionare l’uomo, ma consentirgli ampia libertà [tempo libero].
8.] in paradiso dio
comanda direttamente non sulle anime, ma sui cloni robot, scomposizioni di
ciascuna anima.
9.] storicamente i
cloni-robot [visibili nel film “io robot”] sono stati i sudditi, i servi e gli
schiavi.
10.] queste tre
figure sussistono anche oggi, nelle figure lavorative, di comando [imprenditori
e manager] e di obbedienza [impiegati e lavoratori, operai, ecc.].
11.] la società, per
imitare il paradiso, deve quindi separare la persona dal suo robot, in
modo che
l’economia sia una economia di “maschere e
simulazioni”, lasciando libere le
persone che devono rivestire questi ruoli, nel "gioco delle parti", per
poter
sopravvivere [dalla povertà come dall'inferno], ed essere
giudicati da dio per il lavoro svolto e sull'uso del tempo libero [che
serve alla contemplazione].
12.] la forma
primaria del lavoro deve essere lo studio, perché è con
lo studio [memoria] che
dio ha creato il mondo. il lavoro “imprigiona”
l’uomo: questa condizione, che deve essere mitigata, assimila
l’uomo
alla crocifissione del corpo di cristo, condizione creativa.