ipotesi di soluzione dei problemi speculativi di cui al paragrafo
PTF714.html_[...]
introduzione
1.] si
richiamano i temi di difficoltà nella comprensione della fede cristiana, cause
di secolarizzazione e scristianizzazione, descritti nel paragrafo
PTF714.html_[…].
2.]
l’ordine delle proposizioni è lo stesso. il testo è lo stesso. ogni punto del
problema esposto è identico a quello del paragrafo da cui è tratto, e ad esso
viene aggiunto un tentativo di soluzione come commento. questi commenti sono
svolti, in parte, a prescindere dalla ricerca epistemica.
inizio esposizione [a ogni punto viene esposta una difficoltà, a cui viene
associata un tentativo di soluzione come commento]
3.] il comportamento morale [immorale]: l’egoismo e il peccato, per poter agire
senza sensi di colpa, portano a escludere dio, che è causa di senso di colpa,
ostacolo al peccato, causa quindi di potenziale nevrosi.
commento
l’idea di
dio comporta immediatamente per la mente implicazioni morali, se si tratta del
dio tradizionale [anche per questo, per evitare conseguenza morali, si muta
questa concezione di dio]. ne consegue che per poter credere bisogna essere
“buone persone” come presupposto [lc 16, 31]. in questo senso un opportuno
condizionamento educativo è premessa per l’insegnamento delle verità di fede, a
loro volta occasione per divenire sempre migliori. l’educazione è
necessariamente forma di repressione degli istinti. essa deve essere sensata,
non deve richiamarsi al fatto religioso, ma a una volontà morale positiva dei
genitori, che diverrà volontà di dio solo in età adulta.
-
4.] l’uomo
si identifica alla proprie idee, e non accetta il punto di vista degli altri.
si decide di non credere per differenziarsi da chi crede. [è quello che freud
chiama il narcisismo delle piccole differenze.]
commento
si tratta
di aspetti legati alla personalità delle persone. essi si ampliano, fino a
includere anche la concezione della realtà. non si accetta più che questa sia
“dettata” da una autorità esterna, non tanto per mancanza di ragionevolezza in
ciò che viene proposto, ma anche perché questa “autorità” propone idee non
convenienti moralmente. l’uomo vuole credere alle proprie idee. dice che queste
idee sono frutto di riflessione. ma poi esse vengono prodotte nella mente come
giustificazione [immorale, amorale] dei propri istinti. l’uomo accetta anche di
delegare il proprio pensiero ai “pensatori”, ma solo a condizione che questi
riflettano il suo pensiero e le sue istanze istintuali.
-
5.] ogni uomo ha una teoria della verità, e dice che o la verità non esiste
[contraddicendosi], oppure che la propria visione, personale, della realtà è la
verità.
commento
questo
accade perché l’uomo è essenzialmente verità, ricerca la verità per natura, e
riflette la verità. l’uomo ha il possesso della verità, e quindi questo
possesso è una funzione umana. questa però si attiva spesso per qualunque idea,
cosicchè anche una opinione diventa verità, e verità assoluta. occorre quindi
una educazione alla verità, ad una disciplina della ricerca della verità, e a
un tendenziale “fidarsi” di autorità che cercano la verità con autorevolezza.
-
difficoltà associate strettamente al messaggio cristiano
6.] il vangelo appare come una fiaba. di qui la teoria di gesù come “mito”.
commento
spesso
l’esegesi cattolica dice, correttamente, che il vangelo non è un resoconto
biografico della vita di gesù. così le tante discordanze tra i vangeli sono
semplicemente forma di arricchimento del vangelo: anziché dire precisamente che
gesù era qui o lì, si dice che era in molti luoghi contemporaneamente. i
vangeli non sono una biografia di gesù, né un romanzo biografico, essi sono una
tipologia “a parte”, irriducibile a ogni altra forma di racconto. così, spesso,
essi sono vaghi e non precisano l’accadimento, denotando che la loro preoccupazione
non è convincere il lettore, se non con il concorso della grazia, che aiuta
nella convizione. i vangeli sono anche “fiabeschi” perché spesso la realtà
supera la fantasia. la fantasia infatti altro non è che partecipazione dell’al
di là, e proprio la vita di gesù è apparire dell’al di là nell’al di qua: per
questo i vangeli appaiono un racconto irreale, perché l’uomo confonde il
soprannaturale, che nei vangeli appare nel naturale, con la fantasia, e resta
confuso, e proprio i vangeli non vogliono togliere questa confusione, per
lasciare l’uomo libero di credere o di non credere [altrimenti dio si
mostrerebbe in ogni tempo e luogo].
-
7.] anche
se nel vangelo appaiono parole di saggezza, questo fatto appare appartenere più
alla morale che alla verità.
commento
l’etica ha
un ruolo fondamentale per la salvezza. preoccupazione del vangelo è educare
l’uomo alla verità e a un comportamento morale e socialmente corretto. per
questo gesù appare come un “maestro” di etica. questo fatto può far pensare che
il vangelo si riduca all’etica, quando invece ad esempio alcune sue espressioni
superano come cosmologia le acquisizioni più recenti della cosmologia
contemporanea. infatti secondo il vangelo, per le dirette parole di gesù, non
esiste una “morte fredda” o “calda” del cosmo, ma il cosmo [apparente] verrebbe
annientato nell’apocatastasi [mt 24, 29]. in questo senso, la cosmologia
evangelica è più avanzata della cosmologia contemporanea.
-
8.] il
vangelo è una testimonianza: non si ha fede che essa sia vera [attendibile], o
equilibrata.
commento
a
prescindere dalla ricostruzione storica di questa testimonianza, aspetto
storiografico di cui si tratta nel commento al successivo punto 9.], una
testimonianza può svolgersi con pochi o molti mediatori. ma l’uomo ha dentro di
sé lo “schema della testimonianza”, e percepisce immediatamente la sua
attendibilità, è un “fidarsi” immediato. così a scuola nessuno studente, né insegnante,
dubita dell’attendibilità del libro di storia [a prescindere dalle
interpretazioni ideologiche dei fatti storici]. così l’uomo ha dentro di sé lo
schema dell’accoglimento della testimonianza della bibbia [antico e nuovo
testamento]. ciò che manca nell’uomo moderno non è la capacità di comprendere
la fede, ma la motivazione a farlo. questa dipende dai bisogni, e questi
bisogni nell’uomo moderno sono impuri, sono cioè gli istinti, sono peccati, che
chiudono la mente a dio, alla lettura e comprensione della sacra scrittura.
-
9.] anche
se la scienza biblica e l’archeologia associata alla bibbia sono capaci di
ricostruire il percorso storico di questa testimonianza, l’uomo moderno non
può/non riesce ad accettare che un messaggio lontano 2000 anni possa valere per
il tempo attuale. 2000 anni costituiscono un salto temporale capace di nuocere
alla attendibilità di una testimonianza così lontana. [approfondimento: il
nichilismo storiografico: 2000 anni separano l'uomo dalle testimonianze
dirette sulla vita di gesù, riportate nei vangeli: l'uomo moderno non può
accettare che questi 2000 anni possano essere ricostruiti dal mondo accademico,
perchè questa testimonianza appare sempre più come testimonianza di una catena
storica di testimonianze, e quindi o esse sono condizionate, oppure questa
catena può risultare spezzata, interrotta, condizionata da dati non veri, come
quando si dice che una data frase del vangelo è stata posta dalla comunità
ecclesiale "successiva". lo stesso discorso riguarda i libri di
storia. per il nichilismo storiografico, ad esempio, cavour e garibaldi possono
non essere personaggi realmente storici/vissuti, ma fantasie e personaggi di
una fiaba/non si riesce/non si può credere agli accademici/agli storici.
la bibbia appare un libro ideato e scritto negli anni 2000. come si può avere
fede perchè gli "esperti" - i biblisti e gli archeologi - dicono che
le loro ricerche dimostrano che i fatti descritti nei vangeli corrispondono
alla verità storica ?]
commento
questo
commento inizia dall’analisi del nichilismo storiografico. esso
è frutto di una
forma di “implosione del pensiero”, cioè di una
incapacità di pensare unita all’autodistruttività
del ragionamento. io non posso credere al fatto storico, e non posso
credere
che sia esistito, ad esempio, giolitti, perché non credo neppure
di esistere io
stesso. ad esempio, come posso credere che esista una città o un
paese che
trovo sulla cartina geografica ? devo fidarmi di essa ? è
ragionevole fidarsi
di essa, ma io non posso credere sulla base della ragionevolezza,
cioè di un
calcolo probabilistico. io inoltre non posso credere affatto. io
voglio, io
devo “sapere”, non credere. e giungo a non fidarmi neppure
dei miei ricordi. così
io mi ricordo che nel 1990 leggevo la bibbia, ma non posso
escludere [a
causa dell’autodistruttività del mio pensiero] che la
bibbia sia una
costruzione, inventata, degli anni 2000. devo fidarmi dei miei ricordi
? forse
non posso perché mi percepisco disgregato e disarmonico dentro
me stesso. la
questione è psichiatrica. io leggo un libro di storia, in cui si
dice che visse
nell’antica roma giulio cesare, e dovrei fidarmi di questo libro,
distinguendo
il libro di storia dal libro di letteratura, in cui ci sono le favole.
ciò è
possibile perché l’uomo possiede lo schema della storia,
che è distinto dallo
schema della letteratura. il problema, al di là
dell’interferenza [disturbo] tra
i due schemi, sono i contenuti del libro di storia. se 100 libri di
storia mi
dicono che visse nell’antica roma giulio cesare, ciò basta
perchè io possa
sentirmi sicuro di un fatto storico accaduto 2000 anni fa, quando non
riesco
neppure a fidarmi dei miei ricordi ? calati questi problema sulle
verità di
fede, ecco che appare chiaro come esse possono essere trasmesse solo
accompagnate con una “educazione al pensiero”, con una sua
disciplina, con un
fidarsi dell’autorità accademica scientifica. ma il fatto
determinante è che
questo fatto storico di 2000 anni fa, la nascita di gesù, ha
effetti sull’oggi perché
io ho bisogno di questo gesù. quel gesù che si
incarnò è il gesù risorto, e vivo attualmente, di cui
ho bisogno oggi. esiste quindi una corrispondenza tra fatto storico
evangelico
e struttura innata del bisogno umano, bisogno di dio, di gesù,
di un
determinato gesù [il gesù della fede], che può
sussistere solo in
corrispondenza al gesù storico. questo significa che dio,
conoscendo questo mio
bisogno [che è lo stesso di uomini vissuti anche 1000 anni prima
dell’incarnazione
di cristo], lo ha appagato comandando a gesù di incarnarsi, e
quindi ha guidato
la storia verso la possibilità del realizzarsi dei fatti
evangelici.
-
il rapporto tra gesù storico e gesù della fede
10.] il punto fondamentale di questo rapporto [o uno dei punti fondamentali] è
la risurrezione di gesù: se essa è avvenuta, essa non costituisce un dato della
fede, ma un dato storico, quindi [come per i miracoli, come quelli di lourdes]
la risurrezione è apparire del soprannaturale nel naturale: questo “salto”
costituisce un motivo di mancanza di credibilità di tale testimonianza, a causa
del razionalismo [nel senso nichilistico/storico del termine]. [l'apparire nella
storia di un fenomeno soprannaturale è un fatto - storico- che, in quanto
soprannaturale e storico insieme, è inaccetabile all'analisi della scienza
moderna e della scienza della storia, che ne è una espressione.]
commento
questa
obiezione si risolve considerando il fatto che il creato e la storia, come
creati da dio, non sono naturali, ma sono anch’essi soprannaturali. viene in
mente l’esemplificazione di cui ha trattato popper sui cigni. il fatto che 100
cigni siano bianchi, non eslude che esista un cigno nero. quindi un’umanità, in
cui tutti gli uomini muoiono, ha visto un uomo risorgere [gesù, ma anche
lazzaro]. poi ci sono le guarigioni miracolose. questi fatti sono comprensibili
dalla razionalità metafisica, che include quella teologica. [la razionalità
epistemica è l’insieme di razionalità ontologica e razionalità teologica.] la
considerazione che solo la scienza è vera forma di razionalità appartiene a ciò
che nel punto 9.] è stato definito “implosione del pensiero”.
questo concetto spiega la gotterdammerung, che severino chiama “tramonto degli
immutabili”. tramontano gli dei, perché tramonta la razionalità che può
pensarli, e questa tramonta per una libera scelta, oppure come assecondamento
delle pulsioni, assecondate invece dalla razionalità scientifica.
-
il rapporto tra filosofia e cristologia [biblica]
11.] un dato sottovalutato dalla teologia tradizionale, ma centrale nell’ambito
della fede, è il rapporto tra gesù storico e gesù della fede, da un lato, e
gesù della filosofia dall’altro, dove il gesù della filosofia è la traduzione
razionale del gesù della fede: credere/avere fede significa accettare una
verità di fede come verità di ragione [ad esempio che cristo è il logos
creatore]: questo “salto”, anche consentito dalla testimonianza della
risurrezione, viene bloccato dall’assenza della verità metafisica nell’uomo
moderno.
commento
l’assenza
della razionalità metafisica, che può comprendere il concetto di cristo-logos,
è spiegata nei punti 9.] e 10.] come “implosione del pensiero”.
-
12.] la
crisi del concetto di verità implica la crisi del concetto di verità in senso
metafisico e quindi crisi della crisologia [scienza del logos].
commento
questa “crisi”
è spiegata nei punti 9.] e 10.] come “implosione del pensiero”.
-
aspetti
correlati direttamente alle verità di fede
13.] non si crede nella verità.
commento
questa
assenza di percezione della verità e del suo bisogno è spiegata nei punti 9.] e
10.] come “implosione del pensiero”.
-
14.] non si
crede nella verità di fede.
commento
questa
assenza di percezione della verità di fede e del suo bisogno è spiegata nei
punti 9.] e 10.] come “implosione del pensiero”. qui si aggiunge una
considerazione. l’insegnamento della chiesa agli adulti delle verità di fede è
rimasto a livello catechetico. gli adulti hanno esigenze di razionalità, e le
verità di fede ad essi devono essere non solo insegnate, ma anche spiegate
razionalmente. la fede è la ragione a livello simbolico. la traduzione
razionale della fede è data dalla filosofia. la filosofia della fede non viene
insegnata, ma rimane nell’università come sapere accademico. né è compito della
chiesa spiegare razionalmente le verità di fede, ma forse dello stato, che le
spiega tramite il sapere epistemico. importanti sono i preamboli della fede, a
cui sono associati anche i preamboli della ragione. questi riguardano ciò che
vigna ha definito [con hegel] il “cominciamento del pensiero”. qual è il suo
fondamento e da dove il pensiero deve iniziare ? esiste un cominciamento
assoluto ? la ricerca epistemica lo ha individuato nel principio, cioè nel
pensiero dell’essere in quanto essere come sostanza specifica e necessaria. un
inizio del pensiero quindi interamente metafisico, che esclude il creato e la
realtà apparente, e che quindi converge direttamente a dio e alla sua
dimostrazione.
-
15.] non si
crede nell’unicità della verità. la verità appare un dato storico destinato ad
essere superato dalla storia. la verità è un fatto storico, quindi
intrisecamente relativo.
commento
questa è
una questione complessa. il fatto cioè che la storia possa
superare o creare la
verità. a questa obiezione si risponde che la storia non
è la realtà, ma è un
tempo calato nella realtà. il tempo non produce la
realtà, ma appartiene ad
essa. la realtà è l’essere, che include il tempo al
suo interno. la verità è
verità dell’essere, e poiché il tempo sta dentro
l’essere, la verità dell’essere
sta fuori del tempo, quindi essa, la verità, non è
condizionata dalla storia. ne consegue che la verità non
è un fatto storico.
-
16.] si
identifica il cristianesimo alla religione, e non si percepisce il bisogno di
religione [il cristianesimo è un fatto storico, ma ciò che più è essenziale è
che esso è la filosofia, perché la filosofia è la spiegazione della verità
nella sua interezza, e di questa interezza l’uomo ha sempre bisogno per
orientarsi].
commento
come ha
detto Papa Benedetto XVI, nell’uomo moderno viene meno la percezione del senso
del peccato, unita alla perdita del significato e del bisogno del sacro. del
sacro, peraltro, non si “deve” avere bisogno. il sacro, la penitenza, la messa,
sono “funzioni salfiviche, pure operazioni o procedure che l’uomo deve
eseguire, per imitare l’uso di cristo della tecnica che dà la salvezza
attualmente. la razionalità dell’uomo moderno è “occlusa” alla comprensione
della fede, e questo a causa del peccato. non si comprende il peccato perché lo
si esercita, e il peccato svuota la mente e oppone l’uomo alla fede, fonte di
sensi di colpa e di nevrosi, perché il peccato viene “punito” da dio. l’uomo
deve invece scoprire il senso del peccato sotto il perdono di dio, che rende
liberi, anche di peccare, senza sensi opprimenti di colpa. l’uomo moderno ha
perso la razionalità, la capacità di comprendere dio come innanzitutto se
stesso.
-
17.] così
il cristianesimo e la chiesa appaiono come una religione tra le tante
[relativismo].
commento
questa
percezione è causata dalla perdita della capacità di intuire la specificità del
cristianeismo, che è la relgione dell’uomo gesù, del dio-uomo, quindi dell’uomo
in quanto uomo come assoluto, dell’uomo come assoluto, di ogni uomo come
assoluto e “dio” [gv 10, 34].
-
18.] il cristianesimo come cattolicesimo non appare come “universale” [=
cattolico], ma viene percepito come “particolare” [a fronte del fatto,
accettato come conseguenza, che se la fede non è vera viene svuotata di senso
la storia, della quale il cristianesimo è fatto condizionante
essenziale/aspetto relativo alla filosofia epistemica della storia: se la
storia ha un senso, il cristianesimo è vero, perchè esso ha condizionato la
storia].
commento
il
cristianesimo non appare come universale, perché ha forme “specifiche”. queste
forme sono simboliche, e il simbolo nasconde il concetto, cioè la verità “diretta”.
l’episteme svela [= aletheia] la forma concettuale del cristianesimo, facendo
intuire la sua forma universale.
-
gli aspetti più rilevanti
19.] all’uomo moderno gesù ormai non dice più niente [assenza di rilevanza
della fede per la vita quotidiana].
commento
la ragione
di questo fatto può essere associata ad una condizione tipica
dell’uomo moderno,
come la rimozione della morte, del pensiero della morte, della
riflessione
sulla morte. capire che la morte può non essere la fine di tutto
[lo dice il
pensiero metafisico, forma di razionalità specifica, formulante
ipotesi
speculative dotate di senso]. scompare il senso della morte, e
così della
religione, ma non scompare la possibilità del suo pensiero.
scompare questo, e
definitivamente, se l’uomo rimuove/censura la morte, come istinto
di
sopravvivenza da un pensiero fonte di disturbo [per le implicazioni
etiche e
quindi nevrotiche]. se la vita prosegue dopo la morte, l’uomo
deve poter avere
un controllo del proprio destino dopo la morte. potrebbe quindi esserci
il
giudizio universale. l’uomo gesù “non dice
più niente” perché non si avverte il
problema della morte, se questa è la preoccupazione principale.
altre
preoccupazioni possono essere quelle della vita quotidiana, per cui il
bisogno
di gesù è il bisogno di un aiuto sopannaturale per
poterle affrontare. scompare
questo bisogno perché si crede di poter fare da soli, oppure non
si è in
difficoltà. inoltre si può essere moralmente scorretti, e
l’idea di gesù
sarebbe di ostacolo al proprio peccato. a ciò si aggiunge anche
una
considerazione positiva. è il bisogno dell’assoluto.
l’assoluto non può essere
un oggetto inanimato, come è dimostrato dall’innamoramento
per una donna, nel
quale questa donna diventa l’assoluto. gesù è
questa “donna”. l'assoluto è inoltre il
padre. l’uomo quindi deve allargare la propria percezione di
vita, per vivere
meglio, per cercare il piacere nell’assoluto, che può
essere solo un soggetto
[come una donna di cui si è innamorati], quindi che può
essere solo dio,
soggetto eterno, necessario, perfetto, assoluto.
-
20.] perché gesù “dica” qualcosa all’uomo d’oggi, è necessario un apparato
macro-comprensivo di tipo culturale che, nella sua totalità [è questa totalità
comprensiva che rende la fede essenziale e insuperabile], viene rifiutato
dall’uomo moderno perché troppo impegnativo per le sue capacità di pensiero,
con in aggiunta la mancanza di percezione del bisogno di vertà e soprattutto la
non conoscenza dei propri bisogni e della loro correlazione alla verità [l’uomo
ha un disperato bisogno di verità, ma non conosce questo suo bisogno, non sa
che la verità è la risposta all’uomo per i suoi bisogni e problemi, non solo
esistenziali].
commento
la ricerca
epistemica è fondata sul presupposto [che deve essere dimostrato] che la verità
dell’essere e del mondo protegge l’uomo, vuole bene all’uomo e
determina un vantaggio per l’uomo. la verità può anche spaventare. la verità,
nella sua comunicazione, ha una funzione “politica”, di mediazione. questo “apparato
macro-comprensivo” è il sapere accademico. esso deve quindi allargarsi alla
metafisica. a ciò serve l’episteme. l’uomo non delega il proprio pensiero al
mondo accademico, ma valuta soggettivamente i suoi risultati.
-
21.] ciò
che avviene nell’uomo secolarizzato è il disincanto [proprio anche dei
sacerdoti]: l’uomo va a messa, poi dice a se stesso: “ma perché vado ancora a
messa ?”, e da un giorno all’altro, senza sapersi rispondere, l’uomo decide di
non andare più a messa.
commento
nella mente
dell’uomo si attua una “sprogrammazione schematica”,
si genera la “tabula rasa”:
se io stesso non so chi sono, come posso sapere chi è dio, e se
dio esiste ? se
io stesso sento il nulla nella mia mente [in senso psichiatrico], come
può la
mia mente allargarsi e comprendere le verità di fede e quelle di
ragione ? si
ha cioè un difetto del pensiero, reso incapace di pensare. nella
mente si crea
il nulla, l’annullamento anche della propria biografia, e se
ciò accade, non si
è più quelli di ieri: ieri si credeva, oggi si è
diversi, e non si crede più.
occorre quindi reagire all’“implosione” del pensiero
con una sua “esplosione”
[il card. ruini parla di far “esplodere le chiusure
immanentistiche”], recuperando
anche il proprio passato, dando ad esso un senso [riconciliazione con
la propria storia, nella sua interezza, con il proprio essere e
percorso biografico]. ciò non solo per se stessi,
ma anche in riferimento ai propri parenti e alla storia
dell’umanità. io mi
sento chiuso nell’oggi. se ieri ero stato a messa, devo riunirmi
a quello che
ero. se non sono mai stato a messa, ma i miei genitori o nonni sono
stati a
messa, devo recuparare la loro memoria, e comprendere. se la fede nasce
da un
condizionamento infantile, educativo e catechetico, non lo devo
rinnegare/rifiutare, ma devo comprenderne il senso: come l’uomo
non dà a se
stesso la propria vita, così ciò che è
l’uomo è anche ciò che è stato
condizionato. si è condizionati nel bene e nel male [ad esempio
con una
violenza]. l’etica cattolica può essere stata repressiva,
ma senza repressione
l’uomo cresce come un legno storto, nel disordine caotico degli
istinti. quel
condizionamento, ad esempio catechetico, con cui dio ha cercato di
raggiungermi, non è una forma di violenza, ma appartiene al
bene, come
tentativo della verità di imprimersi nella mia mente. poi,
divenuto adulto, posso rifiutarla o accettarla in modo libero e
consapevole.
-
aspetti
correlati a dio e a gesù
22.] si crede in dio solo se si ha bisogno di dio. l’uomo ha bisogno sempre di
dio, ma spesso l’uomo non conosce ciò di cui ha bisogno. [non si può credere in
dio per ragioni dimostrative e speculative. la pura ragione non dice niente
all’uomo.] va scomparendo il bisogno di dio e della verità in generale.
commento
occorre una
purificazione del bisogno. occorre, come dice vigna, poter sentire, percepire,
mettendosi in ascolto di se stessi, la “verità del desiderio” [concetto che
serve in vigna per la fondazione della norma morale, e che nella ricerca epistemica
è invece una criterio guida speculativo: il desiderio, se puro, guida il
pensiero corretto, se impuro determina l’errore]. un desiderio puro fa capire
che l’uomo vuole che dio esiste, e in particolare vuole che esista cristo, come
mediatore tra l’uomo e i propri affetti in paradiso. [il paradiso contemplato nel neoparmenidismo
è senza dio e per questo esso appare “freddo” e vuoto.]
-
23.]
ammessa la fede in dio, non si comprende perché a questo dio dovrebbe essere
correlato gesù.
commento
l’uomo può non credere. se crede, come dice il card. ruini, “cambia tutto”. la
correlazione tra dio e gesù consiste nel fatto che di dio si può avere una
raffigurazione indeterminata, oppure una rappresentazione determinata. per la
costruzione di questa ultima occorre rifarsi alla cultura che l’uomo possiede. essa
è storica, e larga parte di essa converge al cristianesimo.
-
24.] se si
dice che per questa correlazione bisogna avere comprensione, non c’è tolleranza
verso questo approccio [si ignorano le sacre scritture e non si è motivati a
leggerle, a comprendere, a sforzare la mente].
commento
le sacre
scrittura sono il fondamento della rivelazione. invece l’uomo comune neppure le
conosce, non è interessato a leggere la bibbia, forse non ne ha neppure una
copia in casa [la bibbia è il primo testo letterario per importanza]. in base alla
lettura della sacra scrittura non si dimostra la fede, ma si pone chiaramente
il problema dell’“uomo gesù”. si amplia il proprio sguardo sulla storia e sulla
conoscenza, e il pensiero viene stimolato a “mettersi in moto”. si comprende
infatti che nella storia e nel mondo ci sono determinati elementi culturali, il
cui senso può essere correlato alla verità. gesù appare come un uomo qualunque,
ma non è questo ciò che si dice di lui nella bibbia e nella tradizione. si impara quindi ad ascoltare e a
comprendere, ad allargare l’orizzonte culturale, a “fidarsi” della tradizione e
di una autorità che non è impositiva, ma è riflessione di una comunità
scientifica che si interroga sull’assoluto, assoluto di cui ha necessità anche
l’uomo moderno.
-
25.] c’è
pigrizia del pensiero.
commento
manca la
motivazione al pensiero, anche perché un percorso difficile del pensiero può
correre il rischio di un “vicolo cieco” [che severino chiama “garbuglio”],
fonte potenziale di ansia. le energie autodistruttive dell’uomo, interne all’uomo,
possono interferire con il pensiero, fino a formulare un pensiero “nemico/avversario”
dell’uomo. anche per questo l’uomo rinuncia a pensare, e per questo spesso
la storia della
filosofia si presenta come un pensiero che non protegge l’uomo, non lo ama,
anzi va contro l’uomo [come nella filosofia di nietzsche, senza fondamento, e nel neoparmenidismo,
con la teoria di una tecnica inevitabile e fonte di dominio].
-
26.] di
fronte a 2000 anni di provocazioni della ragione, con grandi “genii” che hanno
negato la fede, l’uomo “delega” la propria funzione del pensiero ad essi e
dice: “perché io, che sono piccolo, dovrei credere a ciò a cui i grandi genii
della storia del pensiero non hanno creduto e non credono più ?”.
commento
la ricerca
epistemica distingue tra lato cognitivo della mente, a cui corrisponde l’intelletto,
e lato emotivo della mente, a cui corrisponde, insieme al primo, la ragione. senza
il primo [cioè considerato isolato], questo lato è irrazionale. il primo, senza
questo secondo lato, è difettoso. i “grandi genii” della storia del pensiero
spesso usano l’intelletto senza la ragione, cioè il lato cognitivo della mente
senza l’apporto della cosiddetta intelligenza emotiva. per questo non colgono le
verità di fede, che, come dice il vangelo, dio riserva ai “piccoli” [dice gesù:
“ti benedico, o Padre, perché hai
riservato la conoscenza di queste verità di fede ai piccoli, e le hai nascoste
ai sapienti e agli intelligenti”].