considerazioni sulla crisi delle istituzioni europee/il paradosso del
consumatore
1.] l’uomo ha la percezione di non controllare la propria
vita.
2.] sente che alcune variabili non dipendono dalla sua
volontà.
3.] questo modo di porsi nei confronti della vita non è
moralmente corretto.
4.] il canone del comportamento corretto è quello del “santo
canonizzato”: questo può prevedere anche la morte violenta [martirio] nella
propria vita; egli non vuole cambiare il mondo, se non come ideale [non
utopistico perché l’obiettivo è solo tentare e partecipare, e non è riuscire a
farlo]; non cerca “certezze” nel lavoro e nella pensione [dice il vangelo di non
preoccuparsi per il domani e per le cose materiali]; il santo quindi non può
mai essere messo in “crisi” [per nessun evento, circostanza, causa, cosa].
5.] ma l’uomo moderno è invece soggetto a questo stato di
crisi [perché non adotta il modello cristiano di santità].
6.] un effetto di questo sentimento di crisi, della
percezione di non controllare il proprio destino terreno [avrò un lavoro ? avrò
una pensione ? avrò stress nel lavoro ? sarò colpito dall’illegalità ?], è la
crisi delle istituzioni europee.
7.] l’europa, anziché essersi posta nella prospettiva di
fortificare le nazioni che la compongono, si è proposta come istanza sovrana
che toglie sovranità alle nazioni europee, con l’effetto di allontanare dai
cittadini il centro di controllo [politico-istituzionale] sulla loro vita.
8.] se l’esito fosse il socialismo, ciò potrebbe essere
fatto: ma l’ideologia dell’europa non è il socialismo: essa consiste nella
definizione dello stato come solo regolatore del mercato, per cui la vita dei
cittadini dipende dal mercato, e lo stato non li difende dalle dinamiche del
mercato [soggette a rischio di fallimento, stress da lavoro e da competizione,
rischio di impoverimento e di disoccupazione].
9.] più forte è l’europa, più si indeboliscono le nazioni, e
i cittadini percepiscono di non controllare tramite lo stato la loro vita e il
loro benessere, percepiscono che “bruxelles è lontana” e che quindi si
allontana da essi il centro di controllo [politico-istituzionale] della loro
vita economica, che prima erano le capitali delle loro nazioni. [a cui l’europa
intenderebbe togliere sovranità/ciò non per un maggior “potere” dello stato
europeo, perché questo è solo un regolatore, senza potere/il vero potere è
quello economico.]
il paradosso del
consumatore
10.] l’esempio di questo processo sta nell’ideologia del
consumatore, che è l’ideologia delle istituzione europee. questa ideologia è caratterizzata
da un paradosso, che ne caratterizza gli effetti “perversi” [= contraddittori]
in quanto capacità di produrre benessere.
11.] l’ideologia del consumatore è forma di
paradisizzazione: in paradiso l’anima solo consuma.
12.] secondo questa ideologia, l’imprenditore e il
lavoratore devono lavorare in funzione del consumatore.
13.] questo gode di più se il prodotto/bene-servizio è
sempre migliore.
14.] la competizione tra le imprese lo rende migliore.
15.] quindi imprenditori e lavoratori devono competere,
sempre di più.
16.] ciò genera rischi di fallimento e stress lavorativo.
17.] il paradosso sta nel fatto che il consumatore non è un
“terzo uomo” oltre l’imprenditore e il lavoratore, ma sono gli stessi
imprenditore e lavoratore, che in azienda rivestono questi ruoli, e solo a casa
sono consumatori.
18.] l’effetto perverso di questa ideologia è che
l’imprenditore e il lavoratore si accorgono che, per consumare prodotti sempre
migliori come consumatori, a casa, devono vivere, nel lavoro, secondo una
condizione di vita sempre più stressante per via di una competizione sempre più
esasperata e fonte di ansia: questo per consumare meglio. essi comprendono così
che è meglio consumare in modo moderato, per poter lavorare/competere in modo
moderato, piuttosto che essere esasperati dal lato del lavoro per consumare in
modo sempre migliore. la vita non è solo consumo, a casa [come in paradiso], ma
è soprattutto tutto l’arco della giornata trascorsa in azienda: non si può
peggiorare la qualità del lavoro per consumare, per pochi momenti a casa, in modo
sempre migliore [se è mai possibile un infinito miglioramento dei prodotti,
anche irrilevante].
la crescente competizione finalizzata alla produzione di beni e
serivizi migliori e a più basso costo genera una esasperazione
delle condizioni concorrenziali del mercato e del lavoro. poichè
il consumatore è lo stesso lavoratore, il benessere del primo
viene annullato dal malessere del secondo [anche tenuto conto della
scala di maslow, per la quale il lavoro è primario rispetto al
consumo].
19.] la ricerca epistemica pone il primato del lavoro
rispetto al consumo: l’uomo deve lavorare come dio-creatore lavora, e non
consumare come l’anima-paradisiaca consuma, perché l’uomo è in terra e non è
ancora già in paradiso. da ciò il primato della qualità del lavoro sulla qualità del prodotto/consumo.