DIMOSTRAZIONE_66:
CONDIZIONALE, QUINTA_PARADOSSALE, LUDICA_QUARTA
Questa dimostrazione era inclusa nella dim_3, e viene ora
scorporata da essa, allo scopo di sottolineare le funzioni dimostrative e i
principiii in base a cui la dim_3 può essere efficace. Ciò appare necessario,
perché le due versioni della dim_3 esprimono nella seconda versione una
dimostrazione autonoma. La presente dimostrazione recita: “Dio esiste, perché la posizione_speculativa [nominale,
razionale e sistemica] della sua ipotesi presuppone l’esistenza di Dio come
unica possibile spiegazione [= condizione] dell’esistenza della stessa ipotesi
di Dio”.
La presente dimostrazione differisce dalla seconda parte
della dim_3, perché questa utilizza il sistema del tutto per spiegare
l’intera_realtà [l’Intero], la presente dimostrazione utilizza solo alcune
determinazioni del sistema del tutto [poste in modo completo], per spiegare
solo una parte dell’Intero, cioè l’ipotesi di Dio.
seguono condizioni dimostrative:
1.] se esiste una realtà, di cui Dio è posto come
condizione, allora Dio esiste;
2.] la realtà apparente è, ad esempio, posta dal
cristianesimo come tale, per cui Dio, nella creatio_ex_nihilo, è sua condizione
esistenziale, essendo Dio condizione creatrice del Creato. ma è invece solo ipotetico
che Dio sia tale condizione, solo cioè se la realtà che appare è stata
realmente creata
parentesi [peraltro ciò non sarebbe
ipotetico, perché l’episteme, vedendo l’auto_concetto a livello
fenomenologico_linguistico, identifica quasi descrizione e dimostrazione, dato
che la definizione (funzioni dimostrative: DIM = DES X DEF), oltre a essere
data a livello esistenziale, può essere data dai tre principiii di correttezza,
coerenza e completezza, e se la correttezza presuppone la definizione
esistenziale e l’apparire empirico, tali principii, potendo forse funzionare a
coppie, possono essere anche solo la coerenza formale_razionale e la
completezza sistemico_enciclopedica] chiusa
parentesi;
3.] la prima realtà, di cui Dio sarebbe condizione, per
l'uomo è l'ipotesi di Dio;
4.] l’ipotesi di un essente, se non ne dimostra
l'esistenza, ne dimostra comunque la capacità di spiegare la realtà, a partire
dalla realtà/esistenza dell'ipotesi stessa [cioè: l’ipotesi è formulata per
spiegare la realtà, e qui si usa l’ipotesi di Dio per spiegare innanzitutto se
stessa. nella dim_3 ci si è infatti chiesto: “come ad esempio spiegare l’idea di Dio ? Con l’esistenza stessa di
Dio”];
5.] il passaggio dalla spiegazione [funzione_DES] alla
dimostrazione [funzione_DIM] è dato dalla funzione DEF_definitoria, data in
base ai due principii suidenticati [coerenza e completezza];
6.] nella dim_3 questa funzione dimostra Dio dimostrando
l'esistenza pura e traendo da essa Dio in base al metodo dialettico
dell'ipostatizzazione della reatà [prima versione della dim_3];
7.] ora, invece, si dimostra Dio in base alla definizione
dell'ipotesi, la quale è così definita:
a.] l’ipotesi è un
nome/idea, che abbia la forma [apparire empirico] e l’uso [correlazione]
nominali/ideali di una possibile realtà, e l’ipotesi della sua realtà si pone
come funzionale alla realtà generale [l’esistenza/Intero], e questa realtà
particolare [la realtà dell’ipotesi e la realtà ad essa sottostante] si mostra
[descrizione/spiegazione] essere condizione [come realtà soprastante] della sua
idea nell’uomo: allora l’idea/il nome ha una realtà/verità in base ai
principii di correlazione senso e significato [dato dei due principii
suindicati di coerenza e completezza descrittiva], senso e vero, e desiderio/bisogno
e vero;
b.] l’ipotesi appare come la condizione
provvisoria/transitoria, ovvero come il luogo_dimostrativo della transizione
del nome/idea dalla mente alla realtà, tramite il ragionamento dimostrativo,
che già assume la realtà come ipotesi [in cui la realtà si riprodurrebbe come
nome/idea dell’ipotesi della loro realtà], perché nominalmente e
speculativamene avente la forma e l’uso [anche intenzionali] della necessità
[ad esempio: nella purezza degli auto_concetti, nella quale i termini
creazione, fantasia, unicorno e Dio non sono mai confusi in base al loro uso e
significato];
c.] per forma e uso di un nome/idea deve intendersi la
correlazione fenomenologica tra la disposizione delle lettere, l'uso del nome e
il relativo pensiero/idea: da tale correlazione, l’idea proietta o non proietta
la realtà fuori da se stessa.
la presente dimostrazione è stata detta paradossale e ludica perchè è stata
formulata nel seguente modo paradossale:
1.] se esiste una
realtà, di cui Dio è posto come condizione, allora Dio esiste;
2.]
ma tale realtà è anche solo la semplice ipotesi di Dio;
3.]
quindi, essendo Dio condizione della propria ipotesi [non del suo contenuto,
ipotetico, ma della sola ipotesi, del puro nome "Dio"], esiste.
il paradosso è questo:
a.] è sempre vero che, se Dio è una condizione, Dio esiste;
b.]
bisogna dimostrare che Dio sia una condizione;
c.]
ma lo è certamente per il nome "Dio" [il nome Dio è condizione del
nome Dio];
d.]
allora Dio è condizione e quindi esiste.
la critica direbbe che Dio esiste allora solo come nome, e ogni nome è
condizione di se medesimo: la risposta è che ...
1.] i nomi descrivono sempre una realtà [sia reale o fantastica: in questo caso
la realtà del nome e dell’idea];
2.]
i nomi esistono sottointendendo una loro realtà;
3.]
i nomi, che sottointendono sempre una realtà, sono riconoscibili come
corrispondenti alla loro realtà in base al proprio nome e uso [intenzione], da
cui si distingue tra loro realtà come realtà e loro realtà come fantasia;
4.]
per il nome/idea di Dio, questa realtà è l'essenza di Dio come essente reale
esterno all’idea, realtà esterna, da cui l'ipotesi di Dio come essente trae la
sua esistenza reale in base ai suindicati principii di correlazione.
a
completamento di tali dati si rileva ulteriormente questo segue:
1.]
una descrizione, intesa come buona spiegazione,
in quanto buona [coerente e completa] ha un suo intrinseco potere dimostrativo
[correttezza, persuasione, intuizione della verità del concetto e della
spiegazione, perché essa spiega, e quindi connette l’idea alla necessità in
senso causale];
2.]
poiché [si pone qui un principio, che viene detto anche nel senso comune, esso
gode cioè di credibilità] “la realtà supera la fantasia”, ciò che significa scientificamente che non esiste
una fantasia [fantastica, fantascientifica, immaginativa, onirica], che possa
essere più desiderabile della realtà di Dio, ciò spiega perché si è detto che
anche l’idea fantasiosa sottointende una realtà reale e da questa è sottointesa
[riproducendosi la realtà nell’idea]: la fantasia non “scavalca” la sostanza
del reale desiderabile, ma solo ne muta la forma:
1.]
può cioè mutare in modo fantasioso la concezione di Dio, ma non la verità della
sua esistenza;
2.]
in base al principio di corrispondenza [che è un ulteriore correlazione: di
tipo etica_logica_etica] tra logica ed etica, la fantasia della concezione di
Dio si riduce proporzionalmente all’aumento dell’etica implicata da tale
concezione, se essa converge sempre più all’amore cristiano, essendo quello
cattolico il concetto vero di Dio, sia come esistenza, sia come concezione.