SETTIMA DIMOSTRAZIONE (EPISTEMICA-TERZA)
Ciò che appare esiste e Dio appare, dunque esiste. Dove appare
Dio ? Dio appare nel linguaggio: Dio appare in”“DIO””. L’apparire di
Dio nel linguaggio è sostitutivo del non apparire attuale di Dio
alla percezione (mentre Dio senz’altro appare al pensiero, che qui
lo sta pensando). Poiché Dio non appaga attualmente il bisogno
dell’uomo di Dio (questo bisogno non è solo specifico di Dio, ma
rimanda sempre a Dio: ad esempio, un uomo desidera essere ricco, ma
non riesce ad esserlo; se Dio apparisse, cioè se quest’uomo fosse in
Paradiso, di fatto egli sarebbe ricco) (bisogno agapico, di affetto,
estatico ed erotico), il bisogno di Dio da parte dell’uomo proietta
Dio nel linguaggio: l’uomo parla di ciò di cui ha bisogno, e questo
linguaggio è rivelativo dell’esistenza di Dio, complemento dell’uomo
(è complemento dell’uomo tutto ciò che potrebbe soddisfarlo).
Immediatamente si pone la seguente osservazione-obiezione: anche il
“cavallo con le ali” (cioè la favola, la fantasia) appare nel
linguaggio, ma non esiste. La settima dimostrazione distingue quindi
la teologia dalla favola: il linguaggio che parla di Dio (e quindi
il “linguaggio dimostrativo”, cioè le 7 dimostrazioni emergenti) è
“intenzionalmente” diverso dal linguaggio delle favole, perché esso
“vuole” parlare della realtà, mentre nessun uomo, che dice una
favola (a meno che non sia malato), “vuole” descrivere la realtà. La
settima dimostrazione procede, sostenendo che
l’intenzionalità che supporta l’emergere della volontà
dimostrativa, e quindi l’apparire delle 7 dimostrazioni e della
teologia, corrisponde alla razionalità assoluta, e quindi non può
che corrispondere alla verità. Per razionalità assoluta si intende
qui dire che questa intenzionalità corrisponde al “desiderio
massimo” (il bisogno di Dio), per cui, una volta che si dice che Dio
può non esistere, ciò potrebbe essere vero, ma cesserebbe di avere
senso qualunque realtà, perché manca la motivazione alla vita (per
cui è vero che Dio potrebbe non esistere, ma non avrebbe più senso
la vita e qualunque cosa) (l’ateo, che dice “nulla mi manca, sono
appagato e felice”, non mente, ma lo dice perché non ha sperimentato
una felicità maggiore, la quale è possibile e include tutto ciò che
rende felice l’ateo, più Dio: l’uomo, che sperimenta un bene
maggiore, dipende da esso; l’ateo non ha bisogno di Dio, solo perché
non lo ha sperimentato). E’ vero ciò che dà senso alle cose, perché
è l’unica ragione che giustifica la vita dell’uomo. La motivazione
alla vita non può essere una favola. Esiste una correlazione tra
desiderio e verità (principio della verità del desiderio, cioè del
bisogno). L’ateo non conosce il proprio bisogno di Dio. Il bambino
e, in alcuni casi, l’adolescente non sperimentano il bisogno
dell’innamoramento, ma questo esiste, e può dare un senso definito
alla vita. Quando, divenuti adulti, lo sperimentano, vorrebbero
(filosoficamente) che esso fosse assoluto ed eterno (se è vero
amore), per godere di più. Perché desiderare poco, se si può
desiderare infinitamente ? Chi ama se stesso vuole il meglio per se
stesso. Dio è l’amore agapico ed erotico assolutizzato. Da questo
punto di vista, se Dio non esistesse, cesserebbe di avere rilevanza
qualunque aspetto della vita, perché il desiderio massimo dell’uomo
rimarrebbe inappagato. E ciò dimostra l’esistenza di Dio, perché ciò
di cui l’uomo ha assoluto bisogno non può essere una favola,
non può che essere vero (perché, se non lo è, ogni altra cosa non ha
senso). E’ vero, in quanto questo bisogno infinito è rivelativo di
una parte mancante nell’uomo: Dio inteso come la parte infinita
dell’uomo, suo complemento. A questo punto bisogna dimostrare che
l’esistenza di Dio corrisponde al desiderio può puro e perfetto. Si
pongono le seguenti argomentazioni:
1.] chi ama la vita la desidera, ma se la desidera veramente, la
desidera per l’eternità (è stato detto che l’idea di Dio è per chi
fugge dalla realtà. Ma anche se un uomo non fuggisse dalla realtà,
e avesse sperimentato la pienezza della vita, la morte lo
condurrebbe a desiderare la felicità, che egli ha avuto, in
eterno, proprio perché l’ha conosciuta);
2.] chi ama i suoi familiari, se li ama veramente, desidera che
essi siano felici per sempre, e quindi desidera per essi
l’eternità;
3.] chi ama se stesso, desidera essere immortale;
4.] chi sperimenta l’innamoramento, sperimenta il tipo di amore di
Dio (che non è solo agape, ma anche eros: il cristianesmo non è
innanzitutto la religione del sacrificio e della rinuncia, ma
della felicità, la quale include anche la dimensione del
godimento).
Rispetto a questi argomenti, Severino propone un’“eternità senza
Dio”. Cosa rispondere?
1.] Dio serve a spiegare perché, oltre l’eternità, c’è anche la
dimensione della morte. Se la realtà fosse l’“eternità senza Dio”,
la realtà sarebbe un Paradiso senza Dio, e non anche la dimensione
mortale del non Paradiso attuale (creato da Dio: quarta
dimostrazione; problema del male e della creazione attuale
provvisoria esterna al Paradiso);
2.] nell’eternità, è meglio amare
una donna e, insieme, Dio, piuttosto che soltanto una donna: quindi
credere in Dio è più perfetto che non credere, perché Dio, in
aggiunta, dà più godimento.
Quindi, per tutte queste ragioni, l’idea di Dio è la più
desiderabile, e quindi la “più vera”, cioè l’unica dotata di senso
(se per senso si intende ciò che è desiderabile e vero). Ma se
l’idea di Dio è la più desiderabile, perché alcuni uomini non
credono in Dio ? Per due ragioni:
1.] a causa di un’istanza etica, per la quale Dio viene vissuto
(correttamente) come fonte d’angoscia (ciò è inevitabile, perché
dalla vita l’angoscia non può e non deve essere tolta, essendo una
spinta positiva alla vita. L’uomo adulto impara a convivere con
essa, a controllarla, a controllarsi e a dominarla;
2.] per via di un appagamento ritenuto totale (a torto: si pensi
alla morte), che rende superflua l’idea e la ricerca ulteriore di
Dio.
Il rimedio contro l’ateismo è allora triplice:
1.] educare al dovere, minimizzando l’angoscia e facendo leva sul
desiderio dell’amore, agapico ed erotico (senza la considerazione
della dimensione dell’innamoramento come vero amore di Dio, è
forse quasi impossibile capire Dio come fonte di felicità per
l’uomo);
2.] razionalizzare il desiderio, fare emergere il desiderio di
Dio, perché con Dio si può godere di più;
3.] far sì che il desiderio di Dio superi il sentimento d’angoscia
per il dovere, causato dall’idea religiosa di Dio.
Dal punto di vista teologico, Dio è concetto propriamente più
filosofico che religioso. Dio è concetto religioso solo perché Dio è
puro mentre l’uomo è impuro. Ma non è la purezza di Dio che ne fa
un concetto religioso: è l’impurità dell’uomo che fonda la necessità
di un accostamento religioso a Dio. Il Paradiso è filosofico,
non assolutamente religioso. Nel Paradiso non esistono la religione
e l’agape, inteso come carità (non avendo l’uomo più bisogno di
salvezza), ma esistono solo il concetto, l’estasi, l’affetto,
l’innamoramento e il piacere. Ma il Paradiso in terra è proibito.
Per questo la religione vale per l’al di qua, essendo l’uomo impuro.
La rappresentazione di Dio, cercata dall’uomo, la quale è teologica,
non è religiosa, ma è filosofica: l’amore cristiano per la Verità
(la filo-sofia) non è solo agape, ma anche eros.
Nella vita
terrena, l’accostamento a Dio da parte dell’uomo, essendo questo
impuro, può avvienire in tre modi:
1.] approccio filosofico-speculativo (che, offrendo una
rappresentazione concettuale di Dio, apre alla mistica);
2.] sperimentazione dell’innamoramento (conoscenza di Dio
nell’amore familiare-coniugale);
3.] religione, liturgia e sacramenti (approccio salvifico in senso
stretto).
Solo nella Chiesa cattolica c’è la salvezza. Ma la Chiesa
cattolica è sia apparente (gerarchia ecclesiale), sia non apparente
(liturgia invisibile). Quest’ultima dà i sacramenti a tutti gli
uomini di buona volontà, senza che essi lo sappiano. Quindi, Dio
garantisce i sacramenti e la salvezza a tutti gli uomini di buona
volontà. L’idea di Dio corrisponde al desiderio più puro, che dà
senso alla vita: quindi l’idea di Dio non può essere una fantasia,
ma deve essere la verità, perché è della verità che l’uomo ha
bisogno. Dio esiste perché l’uomo ha bisogno della sua esistenza.
L’amore di Dio è qui inteso come un terzo termine tra agape ed eros.
L’amore è concepito come sintesi di affetto familiare e amicale e
innamoramento passionale. Ci sono in Dio, quindi: l’amore (connesso
al concetto di verità), l’agape (connesso al concetto di carità) e
l’eros (in cui si compie la sintesi del tutto nell’estasi spirituale
e nel piacere carnale).