considerazioni
sul cristianesimo non praticante
un credente non praticante pensa così [o comunque agisce secondo
questo pensiero]: “adesso svolgo la mia
vita. poi muoio. nell’al di là inizio una nuova vita: le due vite sono autonome
e separate”.
L’episteme pone invece il principio della compenetrazione
reciproca tra al di qua e al di là, infatti se così non fosse si avrebbe
discontinuità tra al di qua e al di là: la morte segnerebbe una rottura nella
continuità lineare del tempo vitale dell’anima, e questa non sarebbe
impiantabile in paradiso e in Dio. si può obiettare che, come i giorni
trascorrono, così non ci sarebbe nessun problema di continuità nel passaggio
tra al di qua e al di là. seguono invece altre ipotesi [esemplificative/ metaforiche,
ma a determinazione ipostatica: cioè esempi metaforici, ma che dicono la verità
della cosa] [il problema della discontinuità è intuitivo, ma sarà sviluppato in
un testo a parte]:
1.] in base al principio di incarnazione, Dio sta acquisendo/assorbendo
l’informazione biografica del comportamento dell’uomo_terreno per la scrittura celeste
[definita epistemicamente: tracciatura, o trascrizione] della “tabula rasa”
della sua nuova_identità_di_ Dio_con_l’uomo_creato [nel Dio_focale non c’è più
solo Dio, ma Dio_con_gli_uomini];
2.] questa tracciatura [che viene trascritta nel
disco_spirituale_olografico, o CD_rom, del panteismo_cristico, che è il disco
della particola_esistenziale, inserita nella tecnica e di proporzioni
trascendenti, di cui l’ostia_sacra è partecipazione] presuppone [altrimenti non
avviene, cioè Dio, sacrificale e, insieme, invariante_inerziale, per la
conservazione inconscia della
vecchia_identità_di_Dio_senza_l’uomo_creaturale_creato] che l’uomo imiti la
volontà di Dio [etica dell’imitazione, perché l’incarnazione assimila Dio
(l’uomo_Gesù) all’uomo, ma l’uomo si salva se Dio, che si è identificato
all’uomo per acquisirlo/salvarlo, appunto si identifica all’uomo, ma per
consentire tale identificazione, anche l’uomo deve imitare/identificarsi a Dio,
che è in fase idi sacrificio_creatore: sforzo di volontà_creatrice];
3.] Dio crea, insieme, agendo la tecnica, crocifisso in essa, e
separandosi dalla tecnica;
4.] quindi, lo sforzo di volontà dell’uomo imita il Creatore, se
esercita la volontà, insieme, ad agire la tecnica [andando a messa
settimanalmente/ciclicamente per il ciclo del TAO, che riguarda la natura
carnale di Cristo: la creazione dura un ciclo del TAO] e a separarsi dalla
tecnica [e dalla fonte]: determinare eticamente il tramonto della civiltà della
tecnica [ma questo col tempo] e invece subito astenendosi dalla tecnica e dalla
fonte [castità e digiuno/ma non necessariamente: è sufficiente andare a messa e
attingere alla comunione prima della morte, o alcune volte all’anno, dopo la
confessione];
5.] la confessione [ma essa non è richiesta a chi non conosce la
volontà di Dio] è la condizione perché Dio tracci l’identità dopo il peccato
[peccato, ad esempio, di omissione, essendo la volontà di Dio agente in modo
continuo, limitatamente al secondo sistema/attenzione, in questo, attuale,
Cristo è ancora sulla croce: crocifissione_tecnologica, di proporzioni
infinito_trascendenti];
6.] infatti, lungo la vita dell’uomo, Dio [o forse ciò avviene in
modo meccanico: problema dell’occasionalismo_transcritturale_biografico] trascrive
la sua [dell’uomo] l’identità psichica celeste insieme alla propria [di Dio:
intrecciate fusionalmente]: il peccato [ad esempio: un atto di egosimo] crea un
“buco” nel tracciamento della biografia celeste, o discontinuità, che renderà
impossibile l’incarnazione dell’anima [dannazione]: Dio [dopo la confessione, o
per gli uomini di buona volontà e inconsapevoli della volontà di Dio]
ricongiunge la traccia biografica spezzata, con un ulteriore sforzo di volontà
[aggiuntivo rispetto a quello della neo_creazione: e in quanto aggiuntivo, tale
sforzo ulteriore deve essere motivato, e consentito dall’uomo: se questo dice:
“per me Dio non richiede di andare a
messa”, ci si chiede: “a quale Dio
crede quest’uomo ? a un Dio che dà permessi di salvezza ?”. Dio
semplicemente richiede ai fedeli di andare a messa per rapportarsi alla tecnica
come fa Lui: se questi uomini esperiscono la civiltà della tecnica (hanno, ad
esempio, decine e decine di cellulari), perché si rifiutano di esperire il tempio,
che è il vertice di controllo telepatico della
liturgia_tecnologica_economia_divina ?)_];
7.] a questo punto ci si deve chiedere perché andare a messa è un
dovere: si utilizza un esempio. Dio sta realmente ricostruendo la prorpia
identità, e sta tracciando sul CD_rom della particola_cristica l’identità
celeste umana per rendere possibile la continuità dell’anima tra terra e cielo.
per questo l’identità di Dio, che è in estasi per se stessa, e tale estasi si
chiama “riconoscimento [individuale/sociale]”, è simile [ecco l’esempio,
particolarmente efficace] a un docente universitario che sta tenendo un
conferenza/convegno/seminario per i suoi studenti [con frequenza libera, o
forse obbligatoria], e “gode” nella misura in cui il convegno è frequentato
[fuori di metafora: Dio sta parlando all’uomo, necessariamente, perché sta
duplicando/clonando il creato e gli uomini, in paradiso, per la continuità
della futura incarnazione paradisiaca, e usa il linguaggio per controllare la
tecnica_creatrice, o Cristo/Verbo_matrice, nel senso del film Matrix:
computer_iperuranico e DNA_corporeo/ci si chiede: a chi parla Dio ? c’è chi non
lo ascolta, e questo è un fatto di non riconoscimento (sociale)_]: se a
frequentare il convegno/la conferenza sono pochi studenti volenterosi [fuor di
metafora: i cattolici praticanti … che appunto praticano la tecnica], il
docente è dispiaciuto [non gode e si sente umiliato], perché dice a se stesso: “ma a chi parlo io ? a nessuno fa piacere
parlare ai muri” … questi sono i cattolici/credenti non praticanti: persone
che non danno a Dio riconoscimento sociale, cioè studenti che “marinano” il
convegno del docente universitario. la più recente filosofia contemporanea [come
si rileva dall’auto_biografia del Prof. Carmelo Vigna, presente nel sito dell’Università
di Cà Foscari] dà proprio importanza alla relazione del riconoscimento e del
“dono” [Vigna: il riconoscimento come relazione inter_soggettiva e chiave per
accedere autenticamente a se stessi], e l’episteme ha fondato la fede [“sia santificato il tuo nome”] proprio
sul riconoscimento, cioè sull’estasi dell’io che si prova nel ricevere e nel
dare importanza alle persone, quando si parla in pubblico, quando si ha
successo [e si è famosi] e si “gode” perché ci si sente riconosciuti dalle
persone e ci si sente al centro dell’attenzione. tutto ciò deve rapportarsi
all’etica del nascondimento, altrettanto richiesto da Dio [quindi: Dio richiede
la fama, ma anche richiede la rinuncia alla fama: l’episteme è sistema a
determinazione complessa: ogni uomo deve capire ciò che Dio gli richiede]: si
richiede di analizzare la relazione tra “etica del riconoscimento” [che è un
testo di Vigna, che si commenterà] e “etica del nascondimento”.