La metafisica come scienze
empirica (condizione generale della
conoscenza e sue implicazioni epistematiche) (p6)
I tre
"processori conoscitivi" sono: pensiero; linguaggio; percezione. Essi
sottopongono l'ente al processo della conoscenza. Perchè la conoscenza sia vera,
è necessaria l'azione (oggettivo-passiva e soggettivo-attiva) di tutti e tre i
processori conoscitivi mentali.
Si è detto che il Figlio, avendo due nature,
è pensiero e linguaggio. Ma Egli deve essere anche percezione, in quanto
processore-conoscitivo-divino (Logos: organo della conoscenza di Dio; non
semplicemente un "cervello" interno a una testa, ma un "cervello" anche esterno
ad essa, che copre tutta la realtà, e che ha la forma di un uomo). Ciò è
possibile perchè, posta la seguente sequenza: Padre, Figlio, Spirito Santo; ...
si può porre anche la seguente sequenza:
... Padre, Figlio (prima
natura), Spirito Santo, Figlio (seconda natura), e quindi ...
... Padre
(pensiero), Figlio (prima e seconda natura: pensiero e linguaggio), Spirito
Santo (percezione), Figlio (seconda e prima natura: linguaggio e percezione)
...
cioè la prima natura del Figlio si riprensenterebbe nel Figlio
stesso, alla chiusura del processo di determinazione trinitaria (da parte del
principio e di Dio stesso, auto-principio), anzichè come penisero, come
percezione.
A di là di tale ipotesi (posta dal principio della distribuzione
trinitaria delle forme conoscitive), questo discorso ha lo scopo di spiegare
perchè l'epistematica deve ambire allo stesso rigore della fisica e come possa
ambirvi.
Un ente è conosciuto e la sua conoscenza è vera se è processato ,
come detto, comtemporaneamente dal pensiero, dal linguaggio e dalla percezione.
Forse anche solo da una coppia di tali processori, resta il fatto che il
pensiero che l'uomo ha di Dio necessita di un supporto empirico per la sua
verificazione (nessuno dubita dell' esistenza di un tavolo, per il fatto di
pensarlo, ma solo perchè esso, almeno una volta, è stato "visto", ma proprio
questo esempio apre la strada alla comprensione della metafisica come scienza
empirica; segue ...). Il linguaggio che partecipa alla definizione della
condizione generale della conoscenza può essere costituito da:
- una sola
parola (analitico: parlo di Dio in modo diretto);
- una sola parola
(sintetico: parlo di Dio, richiamandomi alla sua definizione complessa);
- un
sistema di parole (enciclopedico: parlo di Dio e della realtà richiamandomi a
tutto il sistema della realtà o a una parte di essa).
A questo punto si
rendono necessarie ipotesi di lavoro che sono state pensate da svariati anni e
che sono state ricordate solo recentemente. Se Dio vede nella sua realtà una
galassia (lo si esclude, ma si può ipotizzare), a cosa serve che Dio veda questa
forma ? perchè lo sviluppo della realtà presenta le forme ? ebbene: la forma è
il linguaggio della realtà, o meglio è la realtà come linguaggio (digitale 1).
Ci si deve chiedere se esista in Dio il linguaggio come lo conosce l'uomo: la
risposta è positiva, ma esso (poichè il vero linguaggio è la forma, e il Logos è
quindi la "Matrice") non è per Dio "scienza", bensì costituisce l'essenza della
"tecnica" (linguaggio digitale 2 o doppio-digitale).
...
Nota
L'episteme quindi interpreta (come fa spesso) la sacra
scrittura in termini non metaforici (lo ha fatto, ad esempio, comprendendo che
lo Spirito Santo è vera "colomba", che cioè in Dio è presente l'"animale" -
matrice in ogni animale "mondo" -, e che, poichè gli angeli derivano dallo
Spirito Santo e il mondo e la storia degli angeli precede il mondo e la storia
dell'uomo, ciò spiega perchè l'evoluzione terrestre faccia apparire le forme
degli animnali prima della comparsa dell'uomo): il fatto che Dio crei attraverso
la parola ("Dio disse: "sia la luce"; ... e la luce fu") riflette proprio il
fatto che Dio si serva del linguaggio (cioè del Logos-Verbo, organon creatore)
come tecnica per la creatio ex nihilo.
...
Dio "vede" la forma
(percezione agita sul linguaggio-digitale-1: "digitale" significa che la forma è
il nesso logico-grammaticale dell'estensione - analitica -, trasformato in ente
come punto concentrato) e si serve del linguaggio (scritturale e parlato) per
manipolarla (limitatamente alla realtà manipolabile da Dio: la realtà virtuale,
dove Dio ha creato la Creazione): linguaggio-digitale-2 (la parola) come forma
della tecnica.
Ecco quindi che, per dimostrare l'esistenza di Dio e per
fondare sperimentalmente il sistema metafisico della conoscenza, l'uomo agirà
non sulla forma (che non appare), ma sul linguaggio (episteme scritto e
parlato), in cui Dio "appare" (settima dimostrazione).
I tre tipi di
linguaggio (inteso come parola) si riferiscono a tre distinte realtà, e
corrispondono alle rispettive forme:
- realtà analitica e forma analitica
(ad esempio: il volto di Dio);
- realtà sistetica e forma sintetica (ad
esempio: la Trinità);
- realtà sistematica (o globale) e forma sistematica (o
globale) (ad esempio: la visione di tutta la complessità di Dio: persone,
organi, menti, corpi, determinazioni e differenziazioni psicologiche e
biologiche).
Il sistema totale della conoscenza (enciclopedico) è la base
empirica per la verifica sperimentale della metafisica:
- l'esistenza
della realtà cui si riferisce è data dall'esistenza del linguaggio che la
descrive;
- la forma è data dal linguaggio (criterio di significato);
- la
sostanza è data dai fattori emotivi: se l'apparire di Dio genera pienezza, il
suo non apparire genera vuoto, compensato dai seguenti criteri (di verità, di
senso: verità del desiderio e principio logico-etico).
Quindi: la
dimostrazione dell'esistenza di un ente presuppone la sua percezione, e questa è
la percezione della sua forma e sostanza; la forma è il linguaggio; ma la parola
è il secondo linguaggio (che Dio usa come tecnica); l'uomo non può vedere la
forma, ma può vedere la parola, che è la duplicazione digitale della forma, e
perciò la visione di tale "forma" (il linguaggio) è compensativa del non
apparire della forma (linguaggio primario).
Ciò può essere spiegato
riportando l'esempio di cui sopra: la parola sa che il tavolo esiste, perchè è
stato visto precedentemente (almeno una volta), Dio invece non è mai stato
visto; ma la parola non serve solo a riscontrare un apparire, essa esiste perchè
riproduce questo apparire, e cioè la parola "tavolo" esiste perchè il tavolo
esiste; essa è convenzionale (per denominare il tavolo si può usare la parola
"x") solo perchè il tavolo è un ente non ipostatico (non è una forma, la sola
forma presente nel tavolo è l'atomo che lo costituisce: un grumo di sabbia che
somiglia a un uomo non ha un forma, sono gli schemi dell'uomo che si proiettano
in quel grumo di sabbia, perchè la loro configurazione casuale "assomiglia" alla
forma ipostatica e ordinata dell'uomo); Dio è invece un ente ipostatico, e
quindi la parola "Dio" (che non è convenzionale, ma questo è un discorso troppo
complesso; segue ...: analisi della valenza nervosa delle forma scritturali),
pur potendosi dire convenzionale, ha un significato non convenzionale, definito
dall'allargamento di tale parola (analitica) al sistema totale della conoscenza
(parola sistematica o globale). Quindi, non serve vedere Dio, perchè la parola
"Dio" esiste in quanto il linguaggio riproduce la realtà (e l'esistenza di
Dio).
Sulla base del linguaggio, che sostituisce la forma, la metafisica può
darsi basi empiriche. Ora l'uomo non vede la scienza (le forme della realtà
metafisica), ma la tecnica, che riproduce tali forma: la tecnica acquisisce
valore conoscitivo.
Nota: il rasoio di Ockham come
metodo epistematico
Il rasoio di Ockham serve alla corretta costruzione
dell’episteme. In fase di produzione di ipotesi, esso non deve essere impiegato.
In fase di trasposizione delle ipotesi all’inerno dell’episteme (tesi), questo
strumento metodologico è utile allo scopo di semplificare il più possibile il
discorso.