Definizione di Episteme e di episteme
(p4)
L'episteme è il sistema
della conoscenza (filosofica, teologica e scientifica). "Episteme" è la seconda-Persona-trinitaria
(storicamente e contingentemente apparsa sulla terra con il nome di "Gesù
Cristo"), la quale costituisce l'apparato conoscitivo di Dio (come sua struttura
mentale: Logos-Verbo) (processore-organico-conoscitivo-divino).
Quindi le
dimensioni quantitativo-dimensionali della seconda-Persona-trinitaria sono
maggiori di quelle del Padre, perchè, per conoscere l'esistenza, essa (apparato
conoscitivo divino) deve essere estesa come l'esistenza (limitatamente alla
parte dell' esistenza che comprende l'esistenza di Dio, la parte precedente è
per Dio "noumeno", accessibile solo all'inconscio, perchè precede l'esistenza di
Dio) (dottrina degli ordini di infinito).
A questo apparato (organico) corrisponde un
contenuto speculativo di tipo concettuale, e anche linguistico, che si riflette
nell'episteme-attuale accessibile all'uomo.
Precisazione
linguistica.
"Contingentemente" significa che la comparsa di Gesù (definita
secondo la fede: incarnazione) non era ipostaticamente necessaria (tale è solo
l'incarnazione ipostatica), ma frutto dell'iniziativa di Dio (quest'ultima
purtuttavia senz'altro necessaria, nel senso che, posta liberamente la decisione
di creare, è posta anche la volontà di salvare, e questa, posta la prima
decisione, non è più decisione libera, ma necessaria, perchè funzionale. La
salvezza è una funzione del processo creativo, ed è secondaria rispetto a
questo).
Che l'episteme sia l'Episteme, cioè la
seconda-Persona-trinitaria, è una considerazione che segue tale ragionamento: la
conoscenza è incentrata su di un soggetto (soggetto conoscitivo); la fede
testimonia che Cristo è il Logos (e questo è il logos greco), definito nel
medioevo come Intelletto (e quindi non solo Parola, ma anche pensiero); quindi,
Cristo è il Logos di Dio, cioè il suo pensiero (e
linguaggio).
Problema: nella distribuzione trinitaria delle forme conoscitive
(principio della), si può porre la seguente sequenza: l'esistenza pura determina
il pensiero (Padre), il linguaggio (Figlio: Logos, Parola, discorso), e la
percezione (Spirito Santo). Ma la teologia cristiana ha parlato del Figlio come
dell'Intelletto, il quale non è solo linguaggio, ma anche mente e quindi
pensiero. Si può allora ipotizzare (su basi di fede, già razionalizzate) che il
Figlio, avendo due nature, sia pensiero e linguaggio, e che il Padre sia
pensiero (la prima ipostasi divina è appunto il pensiero, non di certo un
"corpo").
Problema: come si giustifica questo continuo uso della fede da
parte della ragione ? Il problema è in fase di definizione (segue ...), si
osserva tuttavia che, dopo l'utilizzo della fede, la ragione, che l'ha
razionalizzata, e quindi dimostrata, procede autonomamente, pro-ponendo la fede
solo in termini salvifici.
Nota: una conseguenza di tale
definizione [Episteme = Logos = Cristo]
Una conseguenza di tale definizione è
che il Logos si rivela nella filosofia. Ad esempio, nei concetti di super-uomo e
di volontà di potenza (filosofia storica di Nietzsche): l’uomo storicamente
apparso con il nome “Gesù” non ha fallito la sua missione, e quindi non ha
manifestato “debolezza”; la sua “forza” (= volontà di potenza), che è la
“forza della verità e dell’amore”, è consistita nell’accettare la volontà
del Padre iscritta nel suo “destino” (progetto-storico-salvifico): una forza,
che il Figlio ha manifestato non discendendo dalla croce (come avrebbe potuto
fare).
Quindi, la filosofia rivela il volto autentico del Figlio (Logos =
filosofia = episteme), che è la ragione.