analisi del principio_teologico_fondamentale [PFT]
1.] si è convenzionalmente deciso
di definire il principio teologico fondamentale [PTF] così:
“dio ha fuori di se stesso, nel principio [che è il puro esistere], la
propria ragione d’essere”;
2.] questa definizione viene
applicata per ogni altra realtà necessaria differente dal principio, per cui
solo il principio è tale per cui si dice che:
“il principio, come puro esistere necessario, ha in se stesso la
propria ragione d’essere”.
3.] ciò crea una difficoltà evidente
per l’episteme, perché anche per l’episteme dio è definibile come lo definisce
la teologia tradizionale:
“dio è [… il solo …] l’essere necessario, che ha in se stesso [… e non
fuori di se stesso …] la propria ragione d’essere”.
4.] si è deciso di definire il
PTF come sopra, perché la teologia [epistemica] nasce come scienza, quando dio
non è più un presupposto del pensiero, ma diventa un ente, la cui esistenza
viene dimostrata in quanto razionalmente spiegata e giustificata, e ciò
può essere fatto allorquando l’esistenza di dio diventa il risultato di una
determinazione necessaria del puro esistere [cioè della necessità e di una
necessità “altra” da dio].
5.] per la teologia tradizionale,
dio è l’essere puro e semplice, della cui esistenza partecipano tutti gli altri
esseri/enti, che sono creati. dice infatti la sacra_struttura: “… senza di lui [dio] niente è stato fatto
di tutto ciò che esiste” [gv 1, 3].
6.] la teologia classica tradizionale
usa lo schema tripartito: esistono solo dio, il creato e l’uomo_creaturale/la
teologia epistemica dice che esistono dio, la altre realtà eterne e necessarie
[come in platone e aristotele: l’uno, la diade, le idee, il
cosmo_eterno_perfetto, ecc.], il creato e l’uomo_creaturale [schema
quadripartito]. per rendere compatibile questa concezione [che serve a spiegare
l’esistenza di dio tramite un principio, che la determini necessariamente], con
la sacra_scrittura, si dice che:
a.] l’espressione “… senza di lui [dio] niente è stato fatto
di tutto ciò che esiste” [gv 1, 3] va limitata a “… tutto ciò che esiste di
creato”, perché è evidente che l’autore_sacro non scrive tenendo a
mente il platonismo, ma una creazione che non deve essere idolatricamente confusa
con dio;
b.] l’episteme non pone dio “a
fianco” [come fa platone] delle altre reltà eterne e necessarie, ma lo pone al
centro di esse, per cui esse sono un “contorno”, che serve a spiegare e ad
“esaltare” [come quando si attribuisce a dio la tecnica e la massima
complessità organica] la concezione di dio in senso epistemico.
7.] rimane il problema di cui ai
punti 1.] e 3.], perché non solo per la teologia tradizionale, ma anche per la
teologia epistemica vale quanto detto nel punto 3.].
8.] quanto detto nel punto 3.] si
dovrebbe riferire, in realtà, a quanto detto nei punti 5.] e nel punto a.] di
6.]: alla teologia tradizionale
interessa distinguere dio dal creato, confusi da una concezione impropria [non
epistemica] del panteismo, che dà luogo a idolatria e ad etica pagana:
a.] a fronte di un creato, che ha
in dio la propria ragione d’essere [come nell’episteme],
b.] si dice quindi che, a
differenza dal creato, dio ha in se stesso la propria ragione d’essere.
9.] l’episteme non modifica
questa concezione:
a.] dio, in quanto
essere_necessario, ha senz’altro in se stesso la propria ragione d’essere;
b.] dio, infatti, è una
necessaria funzione esistenziale [che serve al principio per
auto_coerentizzarsi];
c.] dire che dio ha, poi, la
propria ragione d’essere fuori di sé, nel principio [punto 1.]], non significa
contraddire quanto detto in questo punto a.] [e nel punto 3.], tranne che
nell’espressione “il solo”], perché:
c1.] la concezione che l’episteme
ha del principio [di dio] non è idolatrica;
c2.] il principio non pone dio
facoltativamente, ma necessariamente [mentre il creato è posto da dio
facoltativamente];
c3.] dio non deve “ringraziare” il
principio per la prorpria esistenza [come l’uomo_creaturale deve invece
“ringraziare” dio, per la propria salvezza più che per la propria creazione,
necessariamente funzionale a dio], e deve adorare se stesso, non il principio;
c4.] il principio [il puro
esistere astratto], per l’episteme, infatti, non è l’acqua di talete o
l’infinito di anassimandro [determinazioni concrete, assimilabili alla fonte],
ma è il puro esistere [astratto] [che la teologia tradizionale identifica con
dio, cosa che l’episteme, nella propria concezione evolutiva della realtà_necessaria,
non ha fatto, perchè “il semplice” è privo di dfifferenziazioni, mentre dio è
invece, come l’uomo, a sua immagine, massima “complessità”];
c5.] essendo per l’episteme il
principio il puro esistere, non è possibile che la derivazione [necessaria] di
dio dal principio dia luogo a idolatria del principio [come è invece idolatria
di platone quella per l’uno, posto sopra il demiurgo/per platone l’uomo deve
rivolgersi all’uno e alle idee, non tanto al demiurgo];
c6.] per l’episteme, l’idolatria
delle altre realtà necessaria è evitata perché:
c6.1] esse pongono dio e sono
funzionali a dio;
c6.2] dio solo è il dio creatore
dell’uomo;
c6.3] dio è massima complessità,
e quindi va senz’altro adorato l’essere più perfetto [che in una prospettiva
evolutiva sta alla fine dle processo ipostatico, mentre quelle realtà sono in
esso poste come termini medi].
d.] si è detto che ogni altra
realtà necessaria, considerata dall’episteme co_eterna a dio, è
d1.] su dio convergente,
d2.] a dio finalizzata,
d3.] e per dio strumentale alla
sua esistenza, al suo infinito godimento e alla sua onnipotenza, relativa al
creato.
10.] perché allora teorizzare la
derivazione di dio dal principio e l’esistenza co_eterna a dio di altre realtà
necessarie ? per una ragione di scientificità del pensiero, ovvero di rigore
formale, tenuto conto che:
a.] l’esistenza di dio viene così
ad essere dimostrata perchè spiegata razionalmente;
b.] quella distinzione, ponendo
nell’essere_necessario una concezione [a_temporale] di tipo evolutivo e cosmico
[oltre che tecnico], consente proprio di evitare l’idolatria per l’evoluzione,
il cosmo e la tecnica:
b1.] se infatti l’evoluzione, il
cosmo e la tecnica [eterni] appartengono a dio e sono finalizzati a dio, …
b2.] … allora l’uomo è libero
dall’idolatria per essi, perché essi [riprodotti nel creato] non sono più
co_originari all’uomo e “concorrenti” con dio, ma sono co_originari a dio, a
dio finalizzati e così anche finalizzati all’uomo, in unione [e non in
opposizione] a dio.