Filosofia epistemica, teologia epistemica e scienza
epistemica (p2.2)
La filosofia epistemica conosce l'esistenza
(concetto più appropriato di quello di essere, che ne costituisce una
complessificazione, perchè l'esistenza rimanda all'astratto, mentre l'essere
rimanda al concreto, e il concreto viene dopo l'astratto e lo presuppone. Un
diverso significato di esistenza è quello di tipo esistenzialistico, in cui
l'esistenza è intesa come "vita problematica della persone": i due concetti non
devono essere confusi; per l'episteme, l'esistenza è innanzitutto la "sostanza
prima", definita come "principio", l'equivalente dell'acqua di Talete e
dell'infinito di Anassimandro; quando Heidegger parla di "senso dell'essere"
confonde i due concetti di esistenza: nell'episteme, il senso è concetto -
determinante - da attribuire all'esistenza intesa come vita, all'esistenza
intesa come principio e struttura va attribuito il termine "significato") e la
sua struttura, stratificazione, sviluppo e complessificazione.
La teologia
epistemica conosce Dio inteso come massima complessificazione (cioè
differenziazione e sua sintesi unitaria) dello sviluppo dell'esistenza, separato
da questa, replicato da questa e concentrato in un punto totale.
E' questione
in fase di definizione se problemi come la filosofia della storia siano da
associare alla filosofia o alla teologia (in cosa si distingue una filosofia
della storia da una teologia della storia ? dal momento che la storia acquisisce
il suo senso solo in quanto storia della salvezza).
La scienza epistemica (o
dottrina della scienza, sintesi delle scienze operata dalla cosmologia) è la
scienza storica stessa, da cui l'episteme trae il linguaggio per caratterizzare
il cosmo in-creato e creato-non-apparente (assolutizzazione dei termini
scientifici: ad esempio, il DNA umano presenta difetti ed è corruttibile; anche
il Figlio, nella sua natura, avrà un DNA, matrice di quello dell'uomo, creato a
sua immagine, e questo DNA non è meno scientifico-materiale, ma è senza difetti
e incorruttibile: definizione del Figlio come "prototipo"). La scienza (la
fisica) diventa così una dottrina dell'assoluto come la metafisica. L'episteme
opera l'assolutizzazione del sapere scientifico, con possibili implicazioni
euristiche (anche se limitatamente tecnologiche, e tuttavia importanti: si pensi
alle implicazioni sociali del nichilismo associato all'attuale
cosmologia).
Nota
La filosofia e la teologia non possono essere tenute
separate. La teologia studia Dio, e la filosofia studia l'esistenza, e Dio è
condizione di coerenza logica dell'esistenza, perciò Dio è termine necessario
della filosofia, perchè elemento necessario dello sviluppo logico
dell'esistenza.
Inoltre, la scienza non può essere separata dalla teologia,
perchè la scienza non è semplicemente la duplicazione materiale e
rappresentativa dell'esistenza, lo è in funzione del soggetto conoscitivo: ora,
il prototipo del soggetto conoscitivo non è l'uomo (ente a-normale e
straordinario, le cui condizioni conoscitive sono im-proprie), ma Dio (ente
normale e ordinario, cioè "tipico" dell'esistenza, la quale è prioritariamente
definita secondo la necessità).
Conseguentemente:
- la teologia (Dio)
è una funzione filosofica (esistenza);
- la scienza (cosmo) è una funzione
teologica (e, in particolare, cristologico- antropologica).
Definizione:
finalismo cosmico (aristotelismo)
Le leggi di natura sono rigorosamente
meccanicistiche, ma l'esistenza della natura è finalistica. Questo finalismo
"a priori" si riflette nel funzionamento meccanicistico della natura,
finalizzandolo a Dio, e all'uomo (nel cosmo-creato apparente ciò non appare
ipostaticamente, perchè le condizioni "estreme" della creazione dell'uomo caduto
fanno apparire lo spazio-tempo s-legato dalla terra, invece in Dio il cosmo
divino è "concentrato" su Dio, e così era la Creazione verso Adamo in Eden,
tuttavia anche nel cosmo-creato apparente si constata un "finalismo", per
esempio per l'enorme numero di variabili che, solo in quanto messe insieme,
consentono la vita sulla terra: tuttavia questa forma di finalismo è
accidentale, non ipostatica e quindi lascia aperta la critica
casualistica-ateistica: un gran numero di coincidenze non dimostrano
necessariamente un intervento finalistico), ovvero al soggetto
vivente.
Esempio
L'orologio è un meccanismo rigido, che non sa a cosa
serve (meccanicismo). Ma esso "serve" al soggetto per leggere l'ora, la sua
esistenza e il suo funzionamento hanno cioè un senso, di servire all'uomo
(finalismo). Per Dio, il suo orologio è stato determinato dal principio della
necessità esistenziale (tecnica nel mondo divino), per l'uomo l'orologio del
cosmo è stato creato da Dio, e segue due regole:
- totale indipendenza
meccanicistica (ad esempio: evoluzione delle galassie);
- parziale
manipolazione divina (occasionalismo epistemico) (ad esempio: collocazione del
pianeta terra in un sito "adatto" alla vita caduta: sistema solare manipolato e
adattato).
Quindi:
- il cosmo-in-creato divino (al cui centro è
Cristo: ma Cristo si estende anche nell' essere; poi esiste un cosmo specifico
per ciascuna Persona trinitaria, ecc.: matrice dei posizionamenti speculativi) è
determinato dalla necessità per Dio (meccanicismo-logico- finalistico);
- il
cosmo-creato umano (al cui centro era Adamo) è stato creato per l'uomo e a lui
adattato (finalismo-etico-meccanicistico).