Nel comune linguaggio filosofico
(filosofia storica pre-epistemica), per “essere” si intende un attributo
dell’ente, la cui esistenza è data per “scontata” in quanto appare (e viene
spiegata o come effetto del big bang e dell’ aggregazione di particelle, o come
effetto della creazione di Dio e della “partecipazione” dell’ente alla sua
esistenza, fonte di ogni esistenza).
Per l’episteme invece il problema della
natura dell’essere (definito “esistenza”) si fonda sul paradigma “tutto è in
tutto” e si risolve su due livelli.
Questo paradigma significa che ogni ente, in quanto
esistente (essente), basa la propria esistenza sulla struttura dell’esistenza e
sul suo sviluppo (che conduce all’esistenza dell’ente stesso), definita sui due
livelli suddetti:
- secondo livello dell’essere (o esistenza): lo sviluppo
“chiuso” (distinto in macro-sviluppo-assiale e sviluppo-ciclico-ripetitivo,
quest’ultimo fondato sul primo: il primo riguarda lo spirito e l’anima, che sono
eterni; il secondo riguarda la materia e il corpo, che sono ciclici:
metempsicosi e re-incarnazione; il processo-creativo-dal-nulla ha coinvolto un
solo ciclo, la base di questo si ripete ma il Creato viene innestato,
nell’apocatastasi, nel tempo-spirituale-lineare) dell’esistenza e della sua
struttura-di-base.
“Tutto è in
tutto” perché gli enti estremanti, in quanto tali, racchiudono, nella propria
esistenza, che è la loro condizione esistenziale, quell’intero sviluppo che ne
ha determinato appunto l’esistenza. E il Creato è estremante: quindi, un sasso
che si trova sulla superficie terrestre racchiude, all’interno di
quell’esistenza che è ad esso “predicata” (attribuita), l’intero sviluppo
dell’esistenza (“tutto è pieno di dei”: dice): cioè anche il Dio trascendente
(il senso di vuoto è perché questa “struttura totale” determina la condizione di
esistenza dell’ente, e non la sua condizione “naturale”: la pienezza nell’uomo
sconta l’assenza della fonte edenica e del paradiso celeste, luogo naturale
dell’ anima: paradigma della configurazione standard-definitiva).
Quindi,
mentre nella concezione tradizionale dell’essere prevale l’“apparire” dell’ente,
e prevale l’ente stesso, considerato “isolato” dal tutto, nella concezione
epistemica dell’essere, l’attributo dell’esistenza applicato all’essente
(ente-che-esiste) racchiude l’intero sistema delle ipostasi che lo precedono
(tutte, se ciò riguarda Dio o il Creato).
E’ problema se Dio possa ancora annullare il Creato. Quest'ultimo:
- quando, dopo l’apocatastasi, il Creato viene im-piantato nel
paradiso, esso è legato all’esistenza in modo non-più-mediato, e si esclude
quindi che Dio possa annullarlo, non per volontà, ma per impossibiltà assoluta.