criterio euristico-speculativo della verità del desiderio
e enunciazione delle tre norme-etiche-fondamentali
La ricerca-epistemica ha da
sempre cercato un metodo fondativo-dimostrativo dei propri risultati [espressi
in proposizioni, modelli e grafici]. Il metodo principale sarebbe quello di una
metodologia dialettica [di cui si è dato un esempio al paragrafo dedicato al
principio “tutto è in tutto”_[…]], capace di derivare in modo logico-formale il
molteplice [non “parallelo” a Dio, ma gerarchizzato e convergente su Dio, quindi
sugli uomini] dal principio, posto che …
il principio è l’essere-astratto-reale [auto-sufficiente esistenzialmente
in quanto astratto],
inteso come esistenza-in-sé-pura, la cui dottrina è la protologia-esistenziale
[e la proto-ontologia], o logica-esistenziale, cioè una logica-formale, la cui
“sostanza” [in sé oggettivamente non rappresentabile in quanto astratta, sì che
il problema della sua conoscenza oggettiva di tipo sensibile non si pone,
perché il sensibile è solo il concreto-materiale-sensitivo] è il “mattone”
primo e ultimo costituente la realtà, cioè appunto l’esistenza-in-sé-pura.
In mancanza di questo metodo si è
cercato un suo surrogato [da dimostrare]: il rispetto dei tre criteri-veritativi
della correttezza, coerenza e completezza del discorso intenzionalmente
veritativo [validi anche a coppie], per i quali [si precisa esemplificatamente]
una singola breve proposizione veritativa è “completa”, se è “aperta”
formalmente-strutturalmente alla possibilità di legarsi a “un” sistema-veritativo
[ovvero estendersi in esso], a sua volta “aperto” fino al raggiungimento della
completezza sintetica o/e enciclopedica “del” sistema-veritativo [= episteme]
[ad esemio: la proposizione “Pinocchio è un burattino di legno” non può essere
espressione della verità, perché tale proposizione non potrebbe estendersi
all’Enciclopedia Treccani, per esempio, rendendo tale innesto razionalmente
“coerente”, cioè tale proposizione, classificata come fantasiosa e in quanto
tale, non è costitutivamente veritativamente esplicativo-spiegazionale].
L’auto-analisi fondativo-dimostrativa
della ricerca-epistemica si è però da sempre richiamata ad un altro criterio
veritativo-dimostrativo, definito come principio della verità del desiderio,
termine tratto dal titolo di un saggio del prof. Carmelo Vigna: questo filosofo
ha inteso la verità del desiderio come fondazione della norma morale, invece la
ricerca-epistemica l’ha intesa anche come fondazione del discorso veritativo-speculativo.
Il principio euristico-speculativo
della verità-del-desiderio [costrutto-terminologico derivato dal criterio giuda
dell’etica formulato dal prof. Carmelo Vigna] è sempre stato il criterio guida
della ricerca-epistemica, e si fonda sul principio/criterio di corrispondenza
tra logica e etica:
se una logica [cioè teoria] è guidata da un’etica pura, allora essa è
pura, cioè il discorso vero è quello formulato dal desiderio puto. In base a
tale criterio, un contenuto viene prodotto ed è tendenzialmente/probabilisticamente
vero, se esso è creato/proiettato da un pensiero che si lascia guidare dalla
purezza del desiderio.
Si pone dunque un rilievo a
quanto sostenuto dal prof. Carmelo Vigna nel suo saggio “La verità del
desiderio come fondazione della norma morale” (in “Verità del desiderio”, 1992),
in cui egli, riportando una concezione acquisita nella filosofia contemporaea, dice:
“l’analisi speculativa è una forma
intenzionale della coscienza originaria che differisce, in sé e per sé, da
quell’altra forma intenzionale, che viene attivata quando si agisce. Altro è
pensare le cose, altro è agire o fare … Quando si pensa … non si agisce”.
Ma poi egli dice: “il pensiero
speculativo è pure un certa attività e quindi richiede una qualche decisione”.
Il prof. Vigna intende qui il pensiero come “rispecchiamento”, ma si contata
che un ateo e un credente “rispecchiano” la realtà differentemente:
[metaforicamente …] … l’atto di dirigere lo “specchio” del pensiero, e di
allargarlo massimamente [come fa l’episteme, “puntandolo” sull’Intero, su Dio e
sulla verità dell’uomo], o di restringerlo opportunamente e anche inconscimente
[come si presume faccia l’ateo, che “punta” il proprio specchio-pensiero sulle
cose materiali o lo restringe al solo universo-astrofisico] è fondamentalmente
un atto “morale”, associato alla “purezza del desiderio”, per cui l’etica è
posta a fondamento del pensiero umano [criterio-guida dell’etica-logica-etica,
dove la seconda etica cerca conferme dalla logica e quindi pilota la prima
etica, che “comanda” lo specchio della logica]. Nel suo saggio fondativo della
morale, il prof. Carmelo Vigna ha anticipato la componente etica del
criterio/principio di corrispondenza logica-etica. Se ne danno altri rilievi in
questo paragrafo [per i limiti cognitivi del soggetto espositore, non tutto il
saggio è stato compreso].
Un desiderio può essere definito
puro se:
- corrisponde all’idea [anche
soggettiva] della felicità [e del piacere]: eudemonismo [e edonismo];
- può eventualmente far soffrire
Dio [essendo un pensiero puro, ma forse anche peccaminoso, tuttavia
esorcisticamente lecito];
- non deve arrecare al prossimo
anche la minima forma di “molestia” [concetto epistemico di molestia più largo
di quello contemplato e sanzionato strettamente della normativa giuridica
storicamente italiana-attuale];
- dà riconoscimento [con l’atto
di fede] e importanza a Dio e al prossimo;
- è orientato alla felicità [e al
piacere] del prossimo come di se stessi [sempre, almeno, nella stessa misura].
Se un pensiero-logico rispetta
tali criteri-etici del desiderio [ma, attenzione, il desiderio è il
prodotto-logico-morale tra la logica-speculativa e l’etica-pratica, e quindi è
concetto-ponte tra la logica, o teoria, e l’etica, o prassi], esso risulterà
essere:
- razionale, quindi …
- dotato di senso, quindi …
- tendenzialmente vero, quindi …
- dimostrato, quindi …
- compatibile come altri pensieri
dettati da medesimi “sentimenti” puri …
- [… e sempre anche compatibile
con il magistero ecclesiale.]
La presente ricerca-epistemica
vorrebbe essere guidata da tale desiderio. Come si è sicuri che il suo
desiderio sia veramente puro ? esso potrebbere esserlo, perché dovrebbe
rispettare i seguenti criteri aggiuntivi:
- un uomo è felice se è etico o
anche se è a-etico [nel desiderio proiettato in paradiso];
- in paradiso l’uomo è a-etico;
- quindi, l’etica include
l’a-etica, perché tutto ciò che è proibito nell’al-di-qua è sempre lecito
nell’al-di-là;
Quindi il desiderio puro è vero
anche perché rispetta il criterio veritativo di completezza:
- la moralità, proiettando il
desiderio illecito [im-morale o illegale] nel paradiso, include l’a-moralità [condizione
della moralità-completa, o della completezza-morale];
- viceversa, l’im-moralità-attuale
esclude la moralità [condizione dell’im-moralità in-completa o dell’in-completezza
im-morale].
Analizziamo ora il saggio del
prof. Carmelo Vigna e, tramite esso, giungiamo alla formulazione delle tre
norme-base-fondamentali, aperte all’etica-epistemica [e al diritto]:
- 1.] la legge di Hume dice che
la prescrizione non può derivare dalla descrizione …
[due rilievi:
- [primo rilievo]: ciò non è vero
secondo l’etica-cattolica, ad esempio: dalla proposizione descrittiva [essere] “se
l’uomo disobbedisce a Dio è tendenzialmente dannato” derva la proposizione
prescrittiva [dover-essere] “è dunque opportuno che l’uomo obbedisca
tendenzialmente alla volontà di Dio”;
- [secondo rilievo]: quel
“desiderio” che il prof. Vigna porrà come termine di paragone della verità o
falsità specultative intrinseche alla proposizione prescrittiva-normativa, è
appunto un concetto antropologico-scientifico-descrittvo, quindi il prof. Vigna
ha confutato la legge di Hume];
- 2.] dice il prof. Vigna che la
legge di Hume può essere vera, perché la teoria e la prassi sono due totalità,
e poiché sono agite entrambe dall’intenzionalità della coscienza, esse devono “alternarsi”
[escludendosi reciprocamente in quanto totalità: non possono darsi insieme due
totalità]: si rileva [come si è già constatato] che il costituirsi simultaneo
di due [e di infinite] totalità costituisce uno dei principii fondamentali
della protologia, e anche della teologia [in cui la Trinità vede la
compenetrazione reciproca del Padre-totalità e del Figlio-totalità a sua
immagine: “tutto ciò che appartiene al Padre appartiene a me”, dice il Figlio]:
la protologia si fonda sulla logica di Frege [quella strettamente criticata dal
paradosso di Russell, che la riforma del principio di non contraddizione
dovrebbe risolvere]/l’auto-inclusione dell’identico e del Tutto conduce a
quella reciproca ed infinita compenetrazione/rimando/rincorsa tra le totalità,
che è appunto il fondamento della derivazione del molteplice [gerarchizzato
secondo i livelli logici di Russell, teoria qui accolta] dall’uno [l’esistenza
auto-includentesi, o principio];
- 3.] allora il prof. Vigna cerca
la verità della direzione della prescrizione all’interno della stessa, intesa
come pur sempre apparato teorico-speculativo [anche “Tizio è buono” è
proposizione-teorica]: la “pietra di paragone” di tale verità è il desiderio [e
si è rilevato che esso, in quanto componente antropologico-scientifica,
appartiene appunto al campo della descrizione]: “… e poichè la relazione al fine ha un nome antico, si chiama desiderio
[orexis, appetitus], il desiderio è propriamente il luogo del fondamento di
senso dell’azione umana”;
- il desiderio [dice il prof.
Vigna] è desiderio di altro da sé, cioè di un oggetto desiderato: “il desiderio è inevitabilmente desiderio
di qualcosa … Il qualcosa desiderato a sua volta deve essere posto come tale
che è altro dal desiderio”;
- il desiderio “vero” è senza
limiti;
- quindi l’oggetto desiderato è
infinito;
- ma esso è desiderato se simile
e diverso: in quanto simile, è un “uomo”, in quanto altro è un “altro” uomo …
- … e in quanto infinito, è l’Altro-Uomo,
cioè Dio: “… in Dio certamente deve
essere contenuta almeno la capacità di appagare il desiderio, così come si sa
che in Dio deve essere contenuta la capacità di essere fondamento dell’esserci
del mondo. Questo contenuto del sapere è epistemico,
e basta per completare il giro di discorsi intorno alla fondazione della
morale”. Quindi …
- “… la verità del desiderio umano implica pure che si dica di Dio almeno
questo, che Dio contiene in sé [non sappiamo come] la possibilità, da parte
sua, di appagare il nostro desiderio” (prof. Carmelo Vigna, “La verità del
desiderio come fondazione della norma morale”, in “Verità del desiderio”,
1992).
A questo punto si dà un rilievo
al testo vignano, ponendosi le tre norme-base-dell’etica-epistemico-cattolica
[integrazione anche al magistero-ecclesiale]:
- poste le due nature di Cristo,
sono poste la due nature della persona umana, le quali sono quindi “altre” da
se stesse reciprocamemte; cio posto …
- il primo “altro” da amare è se
stesso [il precetto evangelico lo
conferma: “ama il prossimo tuo come te stesso” suggerisce che si deve appunto
amare se stessi, e principalmente] [prima-norma-etica-fondamentale:
“si deve amare se stessi”] [l’uomo deve amare in questo ordine: se stesso;
Dio; gli altri, o il “prossimo”] [la persona è auto-coscienza, cioè coscienza e
coscienza, cioè coscienza = coscienza, cioè coscienza “altra” da se stessa:
questo “altro”, che è se stessi, è l’“altro” della fondazione vignana della
morale incentrata sul desiderio dell’altro, che sono innanzitutto “io” per “me
stesso”: doppio io, io-altro-da-me, che sono sempre io come “me-stesso”, cioè
io e non-io-io, il mio primo “altro” sono io stesso;
- per amare se stessi, si deve “conoscere
se stessi” [Socrate] [seconda-norma-etica-fondamentale:
“si deve consocere se stessi”, o “conosci te stessi”].
- ma si precisa che non si può
conoscere se stessi se non come conoscenza del senso della propria esistenza e
creazione, ovvero la ragione per cui Dio ci ha creati [anche singolarmente], e
che questa conoscenza avviene [solo-strutturalmente] in paradiso, per cui [terza-norma-morale-fondamentale]: per
conoscere se stessi, si deve andare in paradiso, e quindi si deve obbedire a
Dio, cioè fare la sua volontà [per essere salvati e portati in paradiso].
Riassumendo, le tre leggi della
morale sono:
- ama te stesso;
- conosci te stesso [quindi vai
in paradiso …]
- [… per andare in paradiso]
obbedisci a Dio.
Da tali prime tre leggi seguono
le altre leggi della morale:
- obbedire Dio significa seguire
la morale naturale [e ecclesiale] e la legge naturale giusnaturalistica [e
tendenzialmente quella giuspositivistica], o legge dello Stato.
Il riferimento etico alla
normatività della propria coscienza è incluso nel rapporto tra la seconda e la
terza legge morale.
precisazioni:
- tali proposizioni riguardano le
leggi dell’etica;
- il prof. Carmelo Vigna ha
teorizzato circa il fondamento dell’etica, incentrato sul desiderio;
- completare tale fondazione
significa legare tale fondamento al desiderio di Dio, al suo sacrificio, e alle
teorie del male e della salvezza, associate alla teoria della libertà [o libero
arbitrio], divina e umana, e alla teoria dell’etica dell’imitazione;
- si ritiene che il fondamento di
tali dottrine debba essere unitario, perché certamente si devono tenere conto
tali fattori:
- 1.] si salva anche chi non
pratica le opere [come i perdonati, o i non nati];
- 2.] non si ritiene possibile
dissociare morale e salvezza;
- 3.] la salvezza presuppone la
teodicea [teoria della giustizia e del male].