la configurazione definitiva
mentre il concetto di
configurazione-standard è più relativo al primo-sistema-epistemico [che è la
realtà prima della creazione, realtà in cui non ci sono l’etica e la religione],
il concetto di configurazione definitiva è più relativo al terzo-sistema-epistemico
[che è la realtà con il Creato, dopo il suo innesto-apocatastico nel paradiso,
o intronizzazione: essenza della globalizzazione; sistema, in cui di nuovo non
ci sono più l’etica e la religione]. Si è detto “più”, perché il concetto di
configurazione standard include, come progetto-necessario [la previsione della
Creazione e forse anche la pre-destinazione] la configurazione definitiva, e
questa, se la prima viene intesa come reale [esistenza del
solo-Dio-senza-l’uomo], la include a sua volta come configurazione-passata [ma
invariante-presente], inclusione a sua volta incorporata nella prima [che
prevede di rimanere invariante rispetto alla realizzazione del
progetto-della-creazione].
I due concetti servono a spiegare
il secondo-sistema-epistemico, cioè la realtà attuale-presente [etica, laica e
religiosa], in cui esiste il Creato e questo sta provvisoriamente, sempre
dentro il paradiso, ma non nel suo luogo-naturale-paradisiaco [= sito], per cui
si può dire che esso sta “esternamente” al paradiso [perché la Creazione è
stata creata nel momento dell’uscita del Figlio dal Padre]:
la configurazione definitiva è la condizione dell’innesto definitivo
[definito dalla teologia classica “inabitazione” e forse anche da Heidegger, con
riferimento alla tecnica, “im-pianto”] dell’anima-umana-creaturale in Dio, e in
paradiso, e del Creato nel suo luogo-naturale-paradisiaco, o “sito-paradisico”:
essa è l’anima e il Creato innestati definitivamente in Dio e in paradiso.
Questo concetto è fondamentale per
la filosofia epistemica della storia, perché la storia sta [secondo la
ricerca-epistemica] convergendo, per simulazione [anche liturgica] [la
cosiddetta attuale “globalizzazione”] verso l’apparire morfo-semiotico della
configurazione definitiva [quindi simulata], ciò che spiega l’emergere della civiltà-della-Tecnica
[costrutto-terminale].
Ci sono poi altri usi di tale
concetto, ad esempio nella concezione della pre-destinazione e delle condizioni
[tutte ancora da definire] di condizionamento delle configurazioni standard e
definitiva su quella che potrebbe essere definita come la
configurazione-attuale-dell’apparire [cosmica e tecno-sociale].
Sarebbe opportuno a questo punto
introdurre elementi di teodicea [dottrina del regno-di-Dio-in-terra], che non
devono essere fraintesi: lo sfogo catartico e esorcistico, che è la storia dell’umanità
e la sua acensione-simulata non sono positivi per “tolleranza”, ma per “struttura”;
Dio vuole la storia [fatta di guerre e dominio] come froma di esaltazione
dell’uomo; Dio non condanna la globalizzazione, ma la vuole. I cristiani [forme
di linguaggio definito come “ecclesialese”, o linguaggio del
magistero-ecclesiale] non devono semplicemente solo “partecipare”
all’edificazione della civiltà-della-Tecnica, per dare un loro “contributo”
all’umanità e all’edificazione di questa civiltà, quasi che …
- la storia “dei” cristiani non
esista, o sia “parallela” alla storia del mondo, e che …
- i cristiani non riescano a
comprendere ciò che accade, il quale appare come una “novità” e forse anche
come un “dono” di Dio [forme di linguaggio definito come “ecclesialese”, o
linguaggio del magistero-ecclesiale].
Invece, solo il pensiero-epistemico
[e quindi cristiano] comprende l’essenza della cività-della-Tecnica [non compresa
da coloro che la costruiscono, e neppure da Severino], che non costituisce
[ancora uso di linguaggio definito come ecclesialese] una “sfida” per un mondo
culturale cattolico, che soffrirebbe una “crisi” e una “subalternità” rispetto
al pensiero moderno [che sarebbe “avanguardia” perché “dominante”]. Invece:
- l’apparire della
cività-della-Tecnica è uno stadio necessario [sia pure non ipostaticamente, ma
per volontà di Dio e conseguente tentazione irresistibile dell’uomo: e Dio
impone e benedice questa tentazione] della storia della salvezza, e quindi
appartiene [come “tutto”] al campo culturale cattolico;
- la globalizzazione non è
una
“novità” o “straordinarietà”,
magari “curiosa”, e senz’altro
“provocatoria” per
la sensibilità cristiana [fondamentalmente
“modesta”], che le dovrebbe
“elaborare”: sia la tecnica che la globalizzazione sono
fenomini “normali”, e
quindi previsionariamente “cattolici” [la tecnica è
una dimensione del paradiso
emergente in forma simulata, e la globalizzazione è una
dimensione del processo
apocatastico di intronizzazione del Creato, anch’esso simulato];
- poiché la storia tende verso la
configurazione definitiva “simulata”, questi processi [la tecnica e la
globalizzazione] sono processi “strutturalmente” cattolici;
- non può mai esistere una
subalternità della cultura cristiana [né mai quindi è esistita: essa è stata
solo un “sogno negativo” ed una “falsa impressione”], per tre ragioni:
1.] tutti i concetti [tre esempi:
produzione-industriale; tavolo e sedia; libido] sono gli strumenti con cui il
Dio-cattolico [e, quindi, anche ebreo e musulmano] conosce il proprio mondo [ad
esempio: il tavolo e la sedia derivano dal trono di Dio, e questo è la tecnica]
e il mondo umano, concetti “rubati” dal pensiero umano ateo e moderno, in senso
edipico-prometeico;
2.] tutte le concezioni antiche,
moderne, contemporanee e post-moderne [compreso Severino] [ad esempio: Spinoza,
Hegel, Freud, il marxismo e la globalizzazione, e prima ancora ogni filosofia e
religione, che, anche se precedenti storicamente il cristianesimo, usano comunque
“schemi-cristiani”, i quali sono geneticamente impressi nella mente divina e,
quindi, umana, essendo gli schemi-epistemici, cioè della matrice-cristica], che
prescindono [direttamente] dalla concezione cristiana e epistemica del mondo,
sono appropriazioni dell’interpretazione cristiano-epistemica del mondo e della
tecnica, e appaiono come non-cristiane, perché “capovolte”;
3.] tutto è “cristiano” [perché
creato da Dio, matrice del mondo-creato], e la riconduzione di ogni concezione
all’episteme è di struttura semplice. Ciò signifca che il cristianesimo è “epi-stemico”
[= cattolico, anzi: cattolico = universale = epistemico] [difficoltà ci sono
nella epistemizzazione della filosofia di Severino, anche se questa è in fase di
buona comprensione. Si osserva ad esempio, la diversa concezione che Severino e
la ricerca-epistemica hanno della tecnica: mentre per Severino la tecnica è una
forma negativa della volontà di potenza e del nichilismo, per la ricerca
epistemica la tecnica è una morfo-struttura della realtà, divina e umana,
quest’ultima a carattere semiotico, e la sua essenza, comprensibile in senso
soteriologico, viene dall’episteme epistemizzata e esaltata, sia pure nel suo etico
e necessario (dover essere) tramonto-nascondimento-attuale].
Gli schemi relativi alla
configurazione definitiva sono quelli associati prevalentemente alla tecnica
[sociologia aziendale e industriale e empireologia].
Questo concetto ha rilevanti
implicazioni etiche: sulla terra l’uomo deve prepararsi al paradiso. Ciò non
rileva in senso metaforico. Dopo la morte gli uomini non vanno direttamente in
paradiso. Gli uomini vanno in paradiso dopo un viaggio di miriadi e miriadi di
anni [forse svariati miliardi di millenni del tempo attuale]. Questo per
adeguarsi lentamente [adattamento] alla vita paradisiaca e al “fulgore” del
volto di Dio, mantenendo la stessa struttura dell’identità psichica terrena. E’
evidente che tale preparazione deve iniziare nell’al di qua, dove anzi si
creano le basi strutturali [attualmente logico-etiche] della futura
compatibilità umano-divina.