saggio sull’essenza del concepimento e dell’aborto
[2005]
nota
il presente
saggio [a carattere non epistemico/scientifico, ma divulgativo], scritto in
occasione del referendum sulla fecondazione assistita nel 2005, segna il
presupposto teorico della posizione speculativa della teocrazia-epistemica
[dottrina dello stato], fondamento della democrazia-epistemica. Qui “teo” non
significa “Dio” [da cui teocrazia = potere di Dio e della Chiesa], ma “dio”,
cioè anima-paradisiaca, cioè l’anima umana creaturale, che, dice il soggetto
storico di nome Gesù, è “dio” [“voi siete
dei”:
Gv 10, 34]. Ora, questi “dei” sono quelle anime che si
incarnano
negli “uomini”, i quali sono a livello terreno i
“cittadini”, detentori del
potere dello stato e sullo stato. L’anima è
“dio” e comanda il corpo, che è
l’uomo, macchina biologica. Nella sua essenza più
profonda, l’uomo è cioè un
“robot-di-carne”.
La persona-umana non è un uomo, ma l’anima e soltanto
questa, che comanda
sull’uomo, corpo di carne. La
dottrina dello stato non si esaurisce nella teocrazia-epistemica, la
quale è un fondamento inconscio: ciò che appare è
il corpo dell'uomo, non la sua anima, pertanto non tutti i cittadini
possono riconoscere e accettare questo fondamento. Tuttavia le
dimostrazioni dell'esistenza di Dio servono a legittimare tale
fondamento: proprio in quanto Dio esiste, esiste l'uomo in quanto
"dio", cioè esiste l'anima [umana-creaturale].
[Il presente
saggio non è stato modificato, e pertanto non è epistemicamente aggiornato.]
caratteri del presente saggio:
1.] parziale
utilizzo di proposizioni epistemiche [scientifiche];
2.] parziale
utilizzo di linguaggio a carattere letterario, metaforico, retorico;
3.] non tutte
le proposizioni sono state giustificate, conseguentemente …
4.] … il saggio
si presenta a volte con tono “moralistico/moraleggiante”, cioè eticamente forse
corretto ma razionalmente ingiustificato [assenza di
spiegazione/dimostrazione].
saggio sull’essenza del concepimento e dell’aborto
[2005]
Il referendum sulla
vita è una questione prima teologica che scientifica: Dio potrebbe
infatti creare l’anima spirituale nell’istante del concepimento, per cui
l’aborto sradicherebbe all’anima il suo corpo (zigote, embrione,
feto),
che le è necessario per incarnarsi e, così, affacciarsi alla vita
terrena. Perciò fare esperimenti sugli embrioni significa violare la
sacralità del corpo, in cui l'anima si incarna.
Se Dio creasse
l’anima (scintilla del suo spirito) nell’istante stesso del concepimento, non
si dovrebbe forse pensare che la manipolazione e distruzione degli embrioni
tolgano all’anima la struttura corporea che le serve per incarnarsi e
affacciarsi alla vita terrena ? Lo zigote, che è vita, sarebbe in questo caso
già struttura per l’incarnazione dell’anima, che è auto-cosciente, seppure
dormiente, fin dall’istante del concepimento. L’anima diverrebbe
successivamente auto-cosciente in modo consapevole nel corpo dell’adulto, che è
evoluzione necessaria (e non eventuale) dell’embrione. In questa ipotesi
(cartesiana, perchè considera l’uomo come una macchina che serve per
l’incarnazione dell’anima), ogni manipolazione e distruzione di embrioni (e lo
stesso aborto), ovvero il togliere all’anima il suo corpo, sottrarrebbero
l’anima al processo della vita incarnata e consapevole e, così, al giudizio di
Dio, cio’ che è contrario alla sua volontà.
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Generalmente,
la teologia classica, fatta propria, come argomentazione, anche da parte degli
atei e degli scienziati, ha sempre considerato l’uomo come una persona dotata
di auto-consapevolezza, e l’anima come il soffio spirituale che dà vita
all’uomo: “io sono innanzitutto uomo, e
l’anima è una mia appendice”. In realtà, l’uomo è l’appendice dell’anima.
La suddetta
concezione teologica è, quindi, errata, e sta all’origine della legittimazione
dell’aborto e del concetto, avanzato dagli scienziati abortisti (coloro che
vogliono fare sperimentazioni sugli embrioni), secondo cui si può parlare di
essere umano solo quando l’uomo vive e agisce come un essere auto-cosciente,
cioè quando “appare” l’anima nell’uomo, intesa questa come suo apparato nervoso
“agente”.
In questo
scritto si mostra, invece, che perfino lo zigote è essere umano, perché
l’essere umano è il DNA specifico per l’incarnazione dell’anima umana, e che
soltanto l’anima umana è “persona”, mentre l’“uomo” è la sua appendice
meccanica, necessaria affinchè essa possa incarnarsi ed essere auto-cosciente.
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La corretta
posizione relativa all’aborto deve partire dall’argomentazione secondo cui
l’“uomo” non è un essere consapevole e auto-cosciente. La consapevolezza e
l’auto-coscienza non sono attributi dell’uomo, ma dell’anima: “io non sono innanzitutto “uomo”, ma “anima””,
per cui non si deve dire che il feto ha un’anima, ma che l’anima ha il suo feto,
cioè la sua appendice meccanica (a partire dallo zigote).
Come Cristo ha
due nature, la natura divina e la natura umana, così l’uomo: alla natura divina
appartiene l’anima (Gv 10, 34: “Io ho
detto: voi siete dei”), alla natura umana appartiene l’uomo, che è una
macchina, finalizzata all’incarnazione dell’anima.
L’uomo
è una
macchina biologica, un puro strumento tecnico, che serve per
l’incarnazione
dell’ anima, che si incarna nel corpo biologico umano tramite lo
spirito.
Quindi, l’uomo non è una “persona”. Solo
l’anima è “persona”. L’anima pervade,
domina e riveste cartesianamente il corpo come il corpo indossa un
vestito, una
armatura, una corazza. La conseguenza immediata di questa concezione
è che
l’uomo, essendo una macchina, è una macchina fin dal
concepimento, e serve a
rivestire l’anima, che viene creata da Dio nell’istante del
concepimento.
L’auto-coscienza è attributo dell’anima anche quando
questa si incarna nello
zigote. L’auto-coscienza esiste, dunque, fin dal momento del
concepimento, ma
“dorme”, e si “sveglia” (cioè si
manifesta a sé stessa) solo quando può
incarnarsi in un corpo sviluppato e adulto, evoluzione necessaria dei
primi
stadi di vita.
Al cervello (cioè
al corpo) appartiene (forse) la mente e la coscienza, ma solo all’anima appartiene
l’auto-coscienza, cioè la consapevolezza di esistere e (ciò che distingue
l’uomo dagli animali) la possibilità di rivolgersi a Dio, per il quale l’anima
umana è uno specchio di sé stesso, in quanto auto-cosciente (in realtà anche la
mente e la coscienza sono attributi dell’anima, e forse non appartengono al
corpo, cioè all’uomo).
Ma se il corpo è una mera macchina, allora per i
cattolici, che credono nell’esistenza dell’anima, l’aborto diventa illecito:
esso viola il principio di incarnazione, cioè la funzione della macchina-uomo
per l’incarnazione dell’anima-dio.
Infatti,
l’aborto è il processo che strappa, sradica all’anima umana, creata da Dio
nell’istante puntuale del concepimento del suo corpo, quest’ultimo,
inteso come sistema di incarnazione dell’anima, attraverso cui l’anima può
affacciarsi al mondo e, trapassando in esso, “vivere” (in seguito
all’incarnazione, cioè al trapasso dello spirito nella materia).
Secondo questa
concezione, non esiste alcuna differenza qualitativa tra zigote, embrione, feto
ed essere umano formato e adulto, perché l’auto-coscienza non appartiene a
nessuno di essi, tutti “macchine” prive di auto-consapevolezza.
L’auto-coscienza (che è massima solo quando riconosce la divinità dell’Uomo-Dio
Gesù Cristo) appare nell’essere umano adulto, perché esso è quello stadio biologico
di sviluppo del “robot-uomo”, che consente alla parte dell’anima corrispondente
all’auto-coscienza di incarnarsi e, così, trapassando nella materia, di
prendere consapevolezza di sé stessa.
L’anima non si
sviluppa, ma è auto-cosciente, seppur dormiente, fin dal concepimento, essendo
creata da Dio secondo la sua matrice. Quindi, c’è auto-coscienza (dell’anima) fin
dal momento dello zigote (che è il corpo). Lo zigote si distende poi
sull’anima, e si sviluppa perché l’anima dà “forma” al corpo, come la mano al
guanto: il guanto è il DNA del corpo, ma esso prende la forma della mano solo
quando è indossato dall’anima. Lo zigote è un essere umano, perché il suo DNA è
quello specifico per l’incarnazione dell’anima umana. Anche gli animali forse
hanno un’anima. Ma solo l’anima umana è auto-cosciente, e Dio può riflettersi
solo nell’uomo.
Quindi: io sono
un’anima; l’anima non è soffio vitale del corpo, ma è l’ente spirituale che
unicamente vive, e di cui il corpo è mero, ma indispensabile, apparato tecnico
per la sua incarnazione. Senza il corpo l’anima non può incarnarsi e vivere. L’aborto dello zigote, dell’ embrione e del
feto strappa, sradica all’anima il suo corpo, impedendogli di vivere affacciata
sul mondo.
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E’ inevitabile
che questa concezione si presti ad essere criticata da pensatori come Severino.
Se, infatti, la
fecondazione impone a Dio di creare l’anima istantaneamente, ci possono essere
due obiezioni:
1) non è forse meglio essere abortiti,
se questo garantisce di andare direttamente in Paradiso, senza essere
sottoposti alla prova etica della vita incarnativa e del giudizio universale ?
2) (questa è la provocazione di
Severino, da lui pronunciata ad un convegno) non desidera forse Dio che l’uomo
crei infiniti embrioni abortiti, per rendere il Paradiso il più popolato
possibile ?
Queste due
obiezioni (che suggerirebbero la liceità dell’aborto) sono confutate dal
principio di incarnazione, che è la ragione per cui Dio vuole che la madre non
strappi, non sradichi all’anima del figlio il suo sistema di incarnazione
(corpo = uomo, la pura macchina biologica di Cartesio):
1) poiché
Dio ha creato con un atto consapevole, e poiché l’uomo, per essere salvato,
deve essere simile a Dio (principio salvifico di identità), ogni “uomo” (cioè,
ogni anima incarnata nel suo uomo-macchina) deve vivere in modo consapevole
(cioè, divenire adulto), per poter aderire consapevolmente al progetto di Dio,
e solo così procreare a sua volta;
2) è
vero che lo scienziato può imporre a Dio la creazione di molte anime (Dio
rispetta i patti stabiliti con l’uomo: per ogni fecondazione, Dio crea l’anima
personale, non esiste zigote senza che Dio abbia creato la sua anima, anima a
cui quello zigote appartiene), ma così lo scienziato, se non corre il rischio
della dannazione (nessuno può prevedere il giudizio di Dio), certamente perde
con la sua azione peccaminosa la santità. Infatti, il modo in cui Dio vuole che
l’uomo procrei è l’atto coniugale
procreativo libero e naturale (anche assistito artificialmente, purchè ciò non
produca embrioni abortiti), perché solo questo atto “imita” (per il principio salvifico
di identità e di incarnazione) il processo creativo divino.
Lo scopo della
creazione non è quello di rendere il Paradiso infinitamente popolato, ma
massimamente popolato nel modo stabilito
da Dio. Questo modo è quello naturale e riflette il principio di
incarnazione, che è un mistero: la ragione per cui Dio non ha creato l’uomo
direttamente nel Paradiso celeste, ma, essendo l’uomo (l’anima umana) derivato
dal nulla, lo ha creato fuori dal Paradiso celeste, per morire e risorgere
sulla Terra.
Da questo punto
di vista, chi è veramente cattolico, riconosce la necessità salvifica dell’
incarnazione dell’anima nel corpo e non vuole che all’anima sia tolta la sua
struttura di incarnazione (il corpo biologico umano, che è l’“uomo”).
Abortisti e non
abortisti, cioè:
- non-incarnativi (coloro che non
ritengono necessaria l’incarnazione dell’anima dei figli per la santità dei
genitori);
- incarnativi (coloro che, invece,
ritengono che l’incarnazione di Cristo e il fatto che l’uomo viva sulla Terra
suggeriscano la necessità santificatrice, per i genitori, del processo
incarnativo dell’anima dei figli).
Questo
contributo al dibattito sulla fecondazione assistita significa che la questione
dell’aborto non è scientifica, ma teologica, perché riguarda l’anima. La
scienza si è appropriata degli attributi teologici dell’anima (ad esempio: la
psicologia nega l’anima e attribuisce all’uomo l’auto-coscienza). L’ateo non
vuole riconoscere l’anima, perché l’anima è eterna (dopo essere stata creata),
risorge, e quindi viene giudicata nel giudizio universale. Da ciò (dalle
implicazioni morali della teologia) il rifiuto di Dio (anche da parte dei
cattolici) e dell’anima, ma l’ateo non rifiuta però gli attributi dell’anima, perché
essi sono evidenti all’anima stessa, e li attribuisce al corpo.
La questione
dell’aborto è la questione del senso salvifico dell’incarnazione delle anime
umane collegato a quello dell’incarnazione di Cristo. “Conosci te stesso”: la
maggior parte degli “uomini” non vuole essere “anima”, perché teme Dio. Ma
l’accettazione di Dio e l’auto-sottoposizione al suo giudizio è già il primo
passo coraggioso per ottenere la salvezza.
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Cosa dire a
quei cattolici che si domandano se anche i feti abortiti risorgono ? In realtà,
l’anima, che ha il suo feto (cioè, la sua struttura d’incarnazione), non
risorge con il suo corpo mortale, che è destinato alla decomposizione terrena,
come il corpo dell’adulto. Essa risorge con il suo DNA, e se il feto è
handicappato o malato (cioè strutturato perché l’anima non possa incarnarsi
correttamente nel suo corpo), il suo DNA risorge in modo geneticamente corretto.
Dio crea l’anima umana nell’istante del
concepimento. E’ possibile che si verifichi questo meccanismo: il concepimento
produce la separazione dall’anima di Dio di una scintilla del suo spirito, che
prende la forma dell’anima umana in quanto “scolpita” dalla stessa matrice
originaria del Verbo.
Ci sono molti
convinti che votare per il sì sia un atto di virtù. Ma la vita è sacra, e non
si può toccare l’embrione. Gli embrioni congelati sono vita, e non devono
essere usati, perché agli occhi di Dio la vita è sacra. La ricerca può avanzare
con altri mezzi. Il fatto che la sperimentazione sugli embrioni sia avallata da
personalità etiche e scienziati di fama, non toglie che lo sguardo puro della
fede colga nella manipolazione della vita un crimine analogo ai tanti compiuti
dall’uomo nell’arco della sua storia più recente.
L’anima è
creata da Dio come completa, perfetta e auto-cosciente nell’istante preciso del
concepimento. E’ una pura convenzione chiamare l’uomo “persona”. Se lo si fa,
allora anche lo zigote è persona, per il fatto che la persona (in questo caso)
è il DNA che consente all’anima umana di essere auto-cosciente. E’ vero che
l’incarnazione dell’anima nello zigote non consente ancora all’anima di essere
consapevolte di sé stessa (perché, affinchè l’auto-coscienza, già presente nell’
anima in forma dormiente, possa essere consapevole, cioè agire, è necessario
che l’anima si incarni nel corpo dell’adulto), ma è anche vero che il DNA dello
zigote è lo stesso del DNA del corpo adulto, e quindi la questione dell’aborto
è solo questa: volere o non volere, che l’auto-coscienza dell’anima
possa un giorno incarnarsi nell’adulto (l’auto-coscienza è la proprietà innata
dell’anima, la consapevolezza di sé è l’agire dell’auto-coscienza incarnata
nella mente adulta). Dio vuole che l’uomo sia sottoposto al giudizio come
adulto consapevole. Per questo, chi impedisce allo zigote e all’embrione di
svilupparsi, viene sottoposto da Dio al giudizio al posto dell’anima il cui
corpo è stato abortito, cioè s-radicato dall’anima.
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Riassumendo: nell’istante
del concepimento, che è vita, Dio crea un’anima auto-cosciente, che si incarna nel
DNA dello zigote per mezzo dello spirito. Nel corpo dell’adulto,
l’auto-coscienza dell’anima diventa agente, e solo se può esprimersi in modo
libero viene sottoposta al giudizio di Dio. Dio esige questa sottoposizione al
Suo giudizio per la salvezza, e quindi è dovere dei genitori consentire lo
sviluppo dello zigote fino all’essere umano adulto, che è l’“uomo”, cioè la
macchina che consente al libero arbitrio dell’anima di incarnarsi e vivere in
modo auto-cosciente. Questo è il senso teologico dell’incarnazione dell’anima
nell’uomo.
Conseguentemente,
nessun vero cattolico, che è reso consapevole che ad ogni zigote corrisponde
un’anima, e che ogni anima ha il diritto di incarnarsi in un corpo adulto, che
è evoluzione necessaria (e non meramente eventuale, come dice Severino) dello
zigote, può partecipare ai referendum, o dire “sì” ad essi.