considerazioni
sul rapporto tra filosofia e politica: commento al problema politico posto da
heidegger
[27/08/2008]
si riporta un brano del dialogo
tra l’intervistatore dello spiegel e heidegger [passi selezionati], che delinea
i tratti essenziali della “crisi” del rapporto tra filosofia e politica [brano tratto
dal libro “ormai solo un dio ci può salvare”], cui segue un commento:
heidegger: … non
abbiamo ancora nessuna strada che corrisponda all’essenza della tecnica. spiegel: … lei vede, dunque, … un
movimento universale che o ha già introdotto o sta introducendo lo stato
tecnico assoluto ?
heidegger: sì.
spiegel: … può
in generale l’uomo singolo influenzare ancora questo intreccio e concatenamento
di necessità, ovvero può la filosofia influenzarlo, o possono influenzarlo
entrambi insieme, in quanto la filosofia induce il singolo o più singoli ad una
determinata azione ?
heidegger: … la
filosofia non potrà produrre nessuna immediata modificazione dello stato
attuale del mondo …
spiegel: ma c’è
qualcosa che possiamo fare ?
heidegger: …
l’uomo è collocato, impegnato e provocato da una potenza che diviene palese
nell’essenziare della tecnica e che egli stesso non signoreggia. far capire
questo: di più il pensiero non pretende. la filosofia è alla fine.
spiegel: in
tempi andati – e non solo in tempi andati – si è tuttavia pensato che la
filosofia influisca indirettamente molto … si vede benissimo che sia pure per
vie traverse la filosofia ha avuto un’efficacia enorme. orbene, lei pensa che
questa efficacia della filosofia sia alla fine ?
heidegger: [non è
possibile un’efficacia] … diretta, nel senso che il pensiero possa quasi
modificare causalmente lo stato del mondo.
spiegel: …
questo è il punto di saldatura tra politica e filosofia … il pensiero non
potrebbe oggi produrre più nulla ?
heidegger: ma non
immediatamente.
spiegel: abbiamo
già nominato kant, hegel e marx … ci pare che lei prima abbia detto di non
contare più, oggi, su un’efficacia di questo genere.
heidegger: nel
senso della filosofia, non più. spiegel: … al
sistema nel quale viviamo dobbiamo adattarci, dobbiamo cercare di modificarlo,
dobbiamo spiare la porta stretta verso una riforma o quella ancora più stretta
di una rivoluzione. un aiuto noi ce lo aspettiamo dal filosofo …, un aiuto a
trovare strade alternative. ed ecco che ci sentiamo dire: non posso aiutarvi ! heidegger: e, in
effetti, non posso … non posso, perché i problemi sono così gravi che sarebbe
contrario al senso di questo compito del pensiero presentarsi, per così dire,
in pubblico a predicare e a distribuire censure morali. forse si può osare la
frase: al segreto della strapotenza planetaria dell’essenza impensata della
tecnica corrisponde la provvisorietà e l’inapparenza del pensiero che tenta di
pensare questo impensato. spiegel: lei
non si pone nel numero di coloro che, se solo venissero ascoltati, potrebbero indicare
una strada ? heidegger: no ! io non conosco nessuna strada per una immediata modifica dell’attuale stato del
mondo, posto che una tale strada sia in generale umanamente possibile … io non
vedo la posizione dell’uomo nel mondo della tecnica planetaria come una
sventura inestricabile ed inevitabile, anzi: vedo proprio il compito del
pensiero nel dare mano, nei propri limiti, affinchè l’uomo riesca innanzitutto
proprio a conquistare un rapporto sufficiente con l’essenza della tecnica. spiegel: …
abbiamo in questo momento, e senza esagerare, una crisi del sistema democratico
parlamentare. …: non dovrebbe il filosofo essere pronto a farsi un’idea di come
gli uomini possono organizzare la loro coesistenza in questo mondo da loro
stessi tecnicizzato e che, forse, gli ha preso la mano ? non è giusto
aspettarsi dal filosofo che dia delle indicazioni su come si rappresenta una
possibilità di vita e viceversa non viene meno il filosofo ad una parte … della
sua vocazione, se non sa comunicare nulla in proposito ? heidegger: ... alla difficile
situazione nella quale si trova collocato il pensiero stesso, rispetto al suo
compito proprio corrisponde ... una estraneazione, alimentata proprio dalla
posizione di potenza delle scienze, nei confronti del pensiero. il quale non
può permettersi di dare quella risposta a problemi pratico-ideologici che
il momento richiederebbe.
commento
1.] la tecnica, come potenza e
violenza, può essere assimilata all’emergere delle strutture del paradiso [tecnica
come potenza] e dell’inferno [tecnica come violenza] nella storia umana. queste
strutture sono la “casa” naturale dell’anima [e di dio: i “cieli”], e per
questo l’uomo le riproduce.
2.] compito politico dell’uomo
[compito che è parte dell’etica] è realizzare il paradiso in terra tenuto conto
della specificità della condizione terrena [un paradiso, quindi, di tipo “terreno”].
3.] nella storia emerge anche
il male, come peccato e violenza, che si pongono come impedimenti alla
realizzazione del progetto politico.
4.] l’uomo è sottoposto
eticamente al giudizio di dio. quindi l’uomo non deve ribellarsi al male, ma
per quanto possibile arginarlo, cercando di realizzare questa costruzione
politica terrena, la cui realizzazione morale è sottoposta al giudizio di dio,
essendo il compito politico un dovere associato alla salvezza ultraterrena.
5.] arginare il male non
significa compiere una “liberazione” dell’uomo, ma è una delle condizioni
necessarie per la costruzione politica del regno di dio in terra.
6.] l’uomo non deve chiedersi
se è possibile portare a compimento questa costruzione, ma
deve cercare semplicemente di realizzarla, sottoponendo la propria azione al
giudizio di dio.
7.]
per questo l’etica-politica
non è un’utopia. l’uomo deve agire il progetto politico, ma non gli è richiesto di portarlo
a compimento necessariamente [lc 14, 28 – 30]. ciò che gli
è richiesto è solo di agire per il bene-comune. da questo
punto di vista, l'intervistatore dello spiegel pone ad heidegger il
problema politico in modo non corretto. egli pone il problema, se sia
possibile costruire una società più umana. questo
è un problema non corretto. l'uomo, nell'azione politica, deve
tenere presente il fine [costruire il regno di dio in terra secondo la
condizione di cui al punto 2.]] e poi deve agire senza considerare il
fatto che la sua azione possa concludersi positivamente. l'uomo è giudicato da dio
positivamente in base al sacrificio dell'azione, non in base al
successo apparente del suo risultato. il successo dell'azione umana
politica corrisponde alla positività del giudizio divino su di
essa, non alla realizzazione effettiva del fine.