1.] primo argomento:
la volontà di potenza, la fede nel divenire e l’inesistenza di dio [filosofia della storia]
[19/08/2008]
secondo severino è destino storico necessario che l’uomo
perda la fede in dio e che l’esistenza di dio non possa più essere pensata
vera. questa condizione per severino è storicamente necessaria, ovvero inevitabile,
perché l’ateismo è costitutivo della natura dell’uomo.
caratteristica fondamentale dell’uomo, necessaria, non
eliminabile [e in questa critica questo presupposto è accolto come vero] è la
volontà di potenza, che vuole la propria infinita potenza [“potenza”, che in “La
follia dell’angelo” è posta come la causa della dimenticanza dell’autentico
senso dell’essere], causa della fede nel divenire: il divenire è evocato perché
la potenza consiste nell’annullare l’ente e nel crearlo dal nulla. la potenza
dell’uomo consiste nell’evocare il divenire, e nell’identificarsi alla sua
fonte tramite la tecnica. per severino la potenza, che è il divenire [inteso
come uscita dell’ente dal nulla], è reale solo perché il divenire è reale, ed
esso è tale se è imprevedibile. è vero che la tecnica e la scienza [dice
severino, contraddittoriamente] sono potenza perché sono previsione, ma la
scienza è previsione probabilistica, per cui il divenire è sempre
imprevedibile. l’uomo è dunque potente perché si identifica con la tecnica a un
divenire, che è realmente tale se imprevedibile, cioè uscita non prevedibile di
un ente dal nulla, che sia realmente nulla, e quindi uscita casuale e perciò
massimamente creativa. l’uomo è costitutivamente potenza, per cui l’uomo è
costitutivamente fede nel divenire e nella sua imprevedibilità [fede che poi,
rispetto all’eternità del tutto, è follia, per cui l’uomo, che è
costitutivamente potenza e fede nel divenire, è costitutivamente errore: “l’uomo
è un errore”, dice severino]. dio allora non può più essere creduto esistente,
a causa della sua prescienza, la quale, prevedendo il futuro e quindi ogni tipo
di uscita degli enti dal nulla, rende prevedibile il divenire, lo rende un
falso divenire, e così depotenziato, impedendo all’uomo, che si identifica al
divenire con la tecnica, di essere imprevedibile e creativo [come vorrebbe
essere nietzsche, per il quale, se dio esiste, l’uomo non può essere creatore, perché
ogni creazione dell’uomo, in quanto prevista da dio, sarebbe in realtà
creazione (anticipata) di dio].
critica
si accoglie, come detto, che l’uomo è potenza e volontà di
potenza, costitutivamente. anche dio lo è. lo è con la creazione dell’uomo. dio
è massima previsione dell’ente che esce dal nulla. ma questo uscire dell’ente
dal nulla è reale divenire: dio è creatore dal nulla anche se prevede l’uscita
dell’ente dal nulla. infatti, questa uscita, che è il divenire, avviene secondo
leggi, che non sono poste da dio, ma dalla necessità, leggi che dio conosce
[con l’episteme], come l’uomo stesso può conoscerle, leggi che, consentendo a
dio di prevedere l’uscita dell’ente dal nulla, consente a dio [e all’uomo che
conosce quelle leggi, cioè l’episteme] di prevedere il futuro degli enti, cioè
di avere la prescienza [perché non ogni ente può uscire dal nulla, ma solo
quello che è consentito dalla necessità]. quindi dio ha prescienza perché, e
solo perché, conosce le leggi del divenire, che non è [solo] casuale, leggi
poste dalla necessità. come dio si potenzia con la creazione dell’uomo, così l’uomo
si potenzia con la fede in dio e l’unione con dio. in terra l’uomo non
controlla il divenire, e solo per questo non è creatore, ma in paradiso, con
dio e in dio, controlla il divenire, con dio, e per questo in paradiso l’uomo è
creatore, come vuole nietzsche: l’uomo va studiato sulla terra come un ente,
che si completa in paradiso, e che anticipa questa sua complementazione assumendo
sulla terra le pratiche dell’uomo credente e religioso. ecco quindi che l’uomo,
che è costitutiva potenza col divenire e con la tecnica, può realizzare la
propria natura e il proprio programma, geneticamente iscritto nella sua natura
come ente che vuole la propria infinita potenza, tramite [e solo tramite] dio,
che è mediatore tra l’uomo, il divenire e la tecnica. ma perché invece per
severino questo infinito potenziamento dell’uomo e della tecnica presuppone l’inesistenza
di dio ? per capirlo occorre analizzare la retorica di cui si serve severino
[il cui linguaggio non è scientifico, ma oracolare]: a.] imprevedibilità di un
divenire senza leggi e b.] accumulazione di infinita potenza [tramite la
tecnica] nell’al di qua [potenza, che severino dice “infinita”, ma che non è
altro, invece, che assai poca potenza: l’uomo, che ha la bomba atomica,
possiede una potenza solo distruttiva, e permane mortale], significano solo una
cosa: che questa accumulazione [b.]] vuole creare dio, un dio nell’al di qua, il
dio, creato dall’uomo, e l’imprevedibilità [a.]] del divenire serve a nascondere
[e quindi a spostare sul piano onirico del sogno e della fede] la concreta
impossibilità e, quindi, sostanziale follia di tale creazione [perché dio, per
definizione, è eterno, e non può essere creato]. ma, in realtà, esiste anche un
dio, che può essere creato nel tempo [dall’uomo]: è il nuovo_dio_con_l’uomo,
che è realmente, cristianamente creato da dio, in paradiso, attualmente. e
quindi in conclusione, come secondo la fede l’uomo è potente, perché si ricrea,
ricreando dio, con se stesso, ma nell’al di là, severino vuole spostare nell’al
di qua questa ricreazione di dio con l’uomo, e l’impossibilità di farlo [dovuta
alle leggi del divenire] lo porta a negare queste leggi [negazione severiniana
dell’episteme], a negare dio [che, se esiste, esiste appunto solo nell’al di là],
e a negare lo stesso divenire, con la concezione dell’eternità del tutto,
concezione che a severino serve per necessitare tale follia, cioè per rendere storicamente
necessario l’errore dell’uomo, che non è l’errore nel credere al divenire, ma è
l’errore [che commette severino] nel pensare, che il divenire sia senza leggi,
solo casuale e imprevedibile, e solo per questo creativo.
nota_1
si intende dire che prevedere nella mente ciò che esce dal nulla
[la prescienza di dio] significa che ciò che è dentro il
nulla, e che è ancora nulla, dentro la mente è un ente, e
quindi già esiste [nella mente], per cui ciò che è
ancora dentro il nulla non è del tutto nulla, perchè,
nella mente, già esiste. si osserva qui che ciò che
è dentro il nulla non può essere un "qualcosa" che
è dentro il nulla, perchè dentro il nulla è solo
il nulla. inoltre il piano della mente è diverso dal piano della
realtà ad essa esterna: il nulla riguarda la realtà
esterna alla mente, la prescienza riguarda la realtà interna
alla mente. nell'imprevedibile severino [nella sua interpretazione
della concezione nichilistica del divenire] vuole porre la
possibilità che dal nulla possa uscire qualsiasi cosa, anche un
dio creato dall'uomo e [con la sperimentazione genetica] l'uomo stesso
come dio e al posto di dio. l'inesistenza dell'episteme e di ogni legge
del divenire serve per dare un fondamento a questa possibilità:
essa è potenza perchè libera il sogno dell'uomo, la fede,
il credere di poter essere e divenire qualunque cosa, proprio
perchè il nulla non può avere leggi. il sogno di divenire dio [con la tecnica] è creduto
possibile solo se il divenire è senza leggi, solo se dal nulla
può uscire l'imprevedibile, e quindi anche l'impossibile [uomo = dio],
creduto possibile. proprio per questo dio è tolto, non solo per la
prescienza, ma perchè l'esistenza di dio rende impossibile che
dal nulla possa uscire l'uomo, potenziato dalla tecnica, come nuovo
dio al posto di dio.