fondamenti epistemici dell'etica/con schema associato_[...]: il rapporto tra la fondazione della norma_morale incentrata sulla verità
del
desiderio e la
fondazione della norma_morale incentrata sull'assimilazione al
prototipo_cristico [studio svolto sullo scritto di vigna: "la verità del
desiderio come fondazione della norma morale"]
nota introduttiva
la presente fondazione
dell’etica, come tentativo di una fondazione epistemica dell’etica, si basa su
quanto esposto nei paragrafi precedenti [si fa riferimento in particolare ai
paragrafi …
1.] m274.html_[…], sull’etica/
2.] m230.html_[…], m142.html_[…],
m64.html_[…], sul senso/
3.] m46.html_[…], sulle tre norme
etiche fondamentali] …
… e sulla lettura dello scritto “la verità del desiderio come fondazione
della norma morale” di carmelo vigna, tratto dal suo libro “verità del desiderio. materiali per il corso
di filosofia morale”, venezia, 1992.
esposizione
nel precedente paragrafo
m274.html_[…] si è posto un fondamento dell’etica come assimilazione a cristo,
proto_tipo dell’uomo [l’etica cattolica parlerebbe di “sequela”]. deve essere
precisato che non si è inteso parlare di una imitazione “ideale”, fatta sulla
memoria del gesù storico, ma si tratta di una assimilazione “materiale”, fatta
sulla condizione attuale del macro_cristo, che è in fase creatrice, cioè di lavoro,
studio e castità. lo spirito_divino
[attraverso l’incarnazione (ora non apparente, ma continua) di cristo] sta
leggendo, traducendo, codificando e acquisendo/assumendo in cielo,
“informaticamente” e “olograficamente”, i dati del comportamento dell’uomo per
la riproduzione genetica di dio con l’uomo, e in particolare i dati crono_biografici della sua volontà
sacrificale, la carità non essendo costituita solo da azioni esteriori, come
“il tendere il pane a un bisognoso”, ma soprattutto dallo sforzo sacrificale in
atto/ad esempio, dallo sforzo mnemonico per adeguata attività di studio [si studia
infatti “facendo male alla testa”/platone evidenziava, a proposito di
socrate, che questi sudiava le poesie di esopo “a memoria”] questa è la “carità”, così come la intende san paolo:
non un gesto, un’azione, un bene materiale donato gratuitamente, ma uno sforzo
sacrificale di volontà, inteso come tensione sacrificale agente, e annientamento del sé, sé
che resiste inerzialmente a tale sforzo/la carità è il sacrificio della
volontà, e questo sacrificio è difficile.
vigna ha scritto sul fondamento
dell’etica, e si è utilizzato il suo testo per trarne una dimostrazione
dell’esistenza di dio. rileggendolo, si è tratta un’altra dimostrazione
[dimostrazione dim_155: del desiderio_[...]], che viene esposta nel canone delle
dimostrazioni epistemiche.
il testo di vigna “la verità del desiderio come fondazione della norma morale” è
costituito dai seguenti paragrafi [passi riportati dal testo]:
1.] “verità e desiderio” […, in
cui, accettando la legge di hume (perché l’ambito della descrizione/essere e
l’ambito della prescrizione/dover_essere sono due totalità della coscienza, e
come tali reciprocamente alternative e quindi non consequenziali in senso
fondativo), si dice che tuttavia la legge di hume non impedisce che si possa
analizzare speculativamente il tema dell’etica, ovvero decidere circa la verità
o falsità dei suoi asserti. l’etica, dice vigna, “si chiede quali azioni umane sono da farsi e quali da evitarsi. e non
si può rispondere alla domanda se non ci si chiede anche perché, ossia in vista
di quale fine l’uomo fa questo o quello. nessuna azione ha senso, in sé e per
sé, una volta separata dal fine che le è proprio … e poiché la relazione al
fine ha un nome antico: si chiama desiderio
(oerxis, appetitus)”, il desiderio è propriamente il luogo del fondamento
di senso dell’azione umana. come istruire allora una domanda intorno al
desiderio ? intanto diciamo che noi desideriamo sempre e desideriamo cose
buone. ora, questo desiderio è già il luogo in cui alla coscienza in qualche
modo si comanda; a comandare, infatti, è anzitutto
l’oggetto desiderato. ma questo comando è vero (ossia è normativo ? la norma
infatti altro non è che il comando vero o secondo il vero). la domanda vale
ancora quest’altra: è buono il desiderio che corre dietro questo comando
oggettuale ? ossia: sono per noi veramente buone le cose che desideriamo ? …”];
2.] “coscienza e desiderio” […,
in cui si dice che “il desiderio è
innegabile e l’implicazione tra desiderio e desiderato è necessaria”, ma
nel contempo “… non pare necessaria
l’implicazione del desiderio come questo o quel desiderato”, perché “… il
desiderio non è necessitato da un oggetto determinato; e in questo senso
negativo può dirsi libero”. invece,
si dice che “… il desiderio diventa
necessitato dal proprio oggetto se e solo se è desiderio che termina nel tutto”.
vigna dice che “il desiderio ha bisogno
dell’altro per potersi appagare”, e quando questo “altro” è una persona
umana, esso appaga il desiderio rimanendo, come oggetto e soggetto desiderato,
diverso e altro rispetto all’uomo che lo desidera, e “… solitamente chiamiamo questo modo di realizzare il desiderio, fruire”, diveramente dal “consumo”,
in cui l’uomo, che desidera l’oggetto desiderato inteso come cosa, lo incorpora
e lo riduce a se stesso];
3.] “desiderio dell’altro come
desiderio d’altri" […, in cui vigna dice che, poiché il desiderio è sempre
pienamente appagato da quell’oggetto, che non lascia altro oltre se stesso,
cioè il tutto, il solo oggetto che lo necessita, essendo l’uomo/soggetto/persona
una trascendentalità infinita, in senso idealistico (come orizzonte
intrascendibile della coscienza), come si è detto che “il desiderio diventa necessitato dal proprio oggetto se e solo se è
desiderio che termina nel tutto”, allora ciò che l’uomo desidera (il
desiderato) è senz’altro e necessariamente l’altro come uomo/persona/soggetto
(che è quel desiderato che, per vigna, è il comando: cioè io sono comandato da
ciò che desidero)];
4.] "l’altro come soggettività
ambigua” […, in cui vigna chiarisce che il desiderio è sì desiderio del
prossimo/soggetto/persona, in quanto soggetto/altro da me infinito, perché
orizzonte del tutto, ma è questo un tutto pur sempre storico e
finito/limitato];
5.] “l’altro come soggettività
trascendente” [nel testo, di cui si dispone, che era stato dato a disposizione
degli studenti di filosofia morale nel 1992, manca la pagina pag.156, che pare
fondamentale] […, in cui vigna dice, quindi, che, essendo necessitato il
desiderio dal soggetto/persona, che è un “tutto”, il soggetto/tutto che può
necessitarlo realmente è solo dio (qui è stata quindi intravista una
dimostrazione dell’esistenza di dio). scrive vigna: “… la verità del desiderio è questa, che il desiderio umano è desiderio
di dio. ma la ragione epistemica vorrebbe e dovrebbe costruire la verità di
dio, per poter concretamente indirizzare la corsa del desiderio … la struttura
del desiderio implica necessariamente la possibilità del suo appagamento. e
poiché la possibilità del suo appagamento implica a sua volta che si dia un
Altro metastorico capace di corrispondere a tale possibilità, (capace di
tradurre eventualmente la possibilità in attualità), ne segue che si deve
necessariamente attribuire tale capacità a dio, e solo a dio … si sa solo che
in dio certamente deve essere contenuta almeno la capacità di appagare il
desiderio, così come si sa che in dio deve essere contenuta la capacità di
essere fondamento dell’esserci del mondo. questo contenuto del sapere è epistemico … sappiamo dunque in senso
forte quanto segue: che fondamento della morale è la verità del desiderio; che
la verità del desiderio dice: il desiderio umano è desiderio di un oggetto
interale; che tale oggetto è sulle prime una soggettività altra, ma, in ultima istanza,
è quella realtà assoluta che diciamo dio. come dire che, in ultima istanza, il
desiderio umano è desiderio di dio … ma poi la verità del desiderio umano
implica pure che si dica di dio almeno questo, che dio contiene in sé (non
sappiamo come) la possibilità, da parte sua, di appagare il nostro desiderio.
se questo è ciò che sappiamo in senso forte, ne viene che è possibile, in sede
etica, formulare un solo comando assoluto, più o meno di questo tipo: tendi a
dio con il tuo desiderio (o anche: realizza il tuo desiderio di dio). gli altri
comandi sono evidentemente relativi a questo, ossia stanno a misura che
consentono di realizzare il primo comando, e sono veri a misura che si
approssimano, nel loro contenuto, a ciò che è incontrovertibilmente saputo …”,
e poiché “… tra le cose del mondo da noi
sperimentate la massima approssimazione a dio si rintraccia in una soggettività
pensante …”, ne segue che “… il
secondo comando, immediatamente subordinato al primo, deve orientare il
desiderio alla soggettività altrui (sempre in quanto e a misura che consenta
l’obbedienza al primo comando) …"];
6.] “verità del desiderio e
fondazione del desiderio: etica e saggezza” […, in cui vigna pone la
distinzione tra filosofia morale, che utilizza la ragione speculativa, e la
saggezza, che utilizza la ragione pratica];
7.] “addenda” [paragrafo
suddiviso 7 sotto_paragrafi] […, in cui vigna presenta la sua fondazione
dell’etica sul desidero secondo verità come sintesi delle istanze storiche
fondative di tipo razionale e di tipo emozionale]:
a.] nel sotto_paragrafo_1, vigna
chiarisce che “la mia non è una
fondazione della morale a partire dalla “volontà” del Creatore [semmai a partire
dall’esistenza del Creatore], perché penso che non possiamo rigorosamente [epistemicamente]
sapere qual è la volontà del Creatore …”;
b.] nel sotto_paragrafo_2, vigna si
sofferma sulla distinzione fondazionale tra apertura del desiderio, garantita
dall’esserci del soggetto come totalità trascendentale, ma storicamente
determinata e limitata, e appagamento del desiderio, garantito solo dalla
soggettività divina, eterna e infinita;
c.] nel sotto_paragrafo_3, vigna
analizza la presenza della necessità della ragione speculativa nell’ambito del
sapere dell’etica;
d.] nel sotto_paragrafo_4, vigna
dimostra che, anche se la soggettività è intrascendibile [quasi solipsistica],
l’uomo può essere certo che un altrosoggetto, che cade, presente, in essa, è
senz’altro “esistenzialmente altro”, e non solo parte della rappresentazione
del primo soggetto, che lo desidera [posizione teorica dell’intersoggettività];
e.] nel sotto_paragrafo_5, vigna
dice che il porre il soggetto altro come desiderato principale del desiderio
umano non significa escludere, ma solo gerarchizzare, la natura e la tecnica
come altrettanti oggetti del desiderio;
f.] nel sotto_paragrafo_6, vigna pone
il reciproco riconoscimento tra le soggettività altre e tra l’uomo e dio come
fondamento del comando morale [egli scrive: “… la virtù è l’eccellenza in tutte quelle pratiche che appunto
conducono l’esistenza verso il punto alto del riconoscimento dell’altra
soggettività …”];
g.] nel sotto_paragrafo 7, vigna esclude
un profilo “fideistico” della propria fondazione dell’etica, per due ragioni:
g1.] è impossibile pensare senza
un credere;
g2.] tra le molte credenze,
quella cristiana viene vagliata dalla ragione speculativa,
che scopre in essa un sistema di idee non contraddittorio, ed anzi prezioso e
determinante l’orientamento della ragione speculativa.
sintesi dell’argomentazione di vigna sulla fondazione della
norma_morale incentrata sul desiderio
1.] poiché l’etica studia il
comportamento orientato al fine, essa si fonda sul desiderio, che lega l’azione
al suo fine;
2.] l’etica è normativa:
l’oggetto desiderato è il comando, perché io sono comandato [secondo il fine]
da ciò che desidero [allo stesso modo di come un uomo, schiavo di una passione,
è comandato da essa];
3.] e questo oggetto del desiderio è il
soggetto, cioè la persona umana, perché solo l’uomo è la totalità, come
inesauribile ricchezza e imprevedibilità, e come orizzonte trascendentale
dell’apparire, cioè pensiero totale aperto all’Intero;
4.] quindi: l’uomo [il
soggetto/persona] è l’oggetto desiderato, e quindi l’uomo comanda [come
desiderato] l’uomo [il desiderante] [qui vigna formula tesi molto suggestive
sul rapporto di reciproco riconoscimento e dominio tra le persone, che può
applicarsi anche alle relazioni affettive: una persona è per me importante se
mi fa sentire verso di lei un signore/padrone, ed essa è mio servo/la relazione è
reciproca: anche io devo essere servo per questa persona, ed essa è per me
signore/ma accade che la persona non si lasci manipolare, non si lasci
dominare, e così la relazione di riconoscimento (se era patologica o semplicemente immatura) si fa conflittuale e anche
sofferente/questo è il prezzo e il pregio della libertà, di cui si dirà più
oltre, perché anche dio non si fa manipolare dall’uomo, e non si lascia
schiavizzare dal suo amore per l’uomo];
5.] ma questo soggetto, che è
l’uomo come oggetto del desiderio, è limitato;
6.] dio invece è soggetto
infinito, e quindi può appagare stabilmente il desiderio dell’uomo;
7.] ma si è detto che il
desiderato [la “passione”] comanda [normativamente] l’uomo: quindi dio comanda l’uomo, e allora
vigna può esporre la legge fondamentale dell’etica: “tendi a dio con il tuo desiderio (o anche: realizza il tuo desiderio
di dio)”.
fondazione epistemica dell’etica
sintesi
la dottrina della fede, integralmente razionalizzata
dall'episteme, ovvero realizzata come concezione metafisica e
razionale_speculativa della realtà [la fede fattasi ragione
nell'episteme], confuta la legge di hume, e la confuta anche
facilmente: l'essere [realtà di fatto] è la condizione di partenza
dell'anima [libertà e volontà sacrificale potenziale], ed è il sistema
[realtà di fatto] dei premi e dei castighi del giudizio_universale,
dove il premio è il Bene, cioè il nuovo_essere [realtà di fatto], o
essere_ideale: dio_con_l'uomo e l'uomo_con_dio. il dover_essere [realtà
di valore], mosso dal desiderio [vigna] verso il nuovo_essere, che deve
essere [evolutivamente/eticamente] realizzato, è l'azione per conseguire il nuovo_essere, cioè
l'azione evolutiva, che è l'etica. la fondazione della norma morale sta
nel desiderio, prima divino e poi umano, dell'Altro, inteso questo come
Ideale del sè, di dio e dell'uomo mutati e più_che_perfezionati in esso
[dio_con_l'uomo, per dio, e uomo_con_dio, per l'uomo]. questo "Altro"
rispetto al soggetto è il Bene, cioè il dio_ideale [= super_dio, che è
il dio_futuro_con_l'uomo] e l'uomo_ideale [= super_uomo e santo_terreno, che è
l'uomo_futuro_con_dio, anima_paradisiaca_beata, e il cristiano fattosi
santo nella dimensione_terrena]/il Bene è il nuovo_essere [realtà di
fatto, realtà_descittiva, il premio del giudizio_universale], verso cui
il soggetto deve
[liberamente] evolvere [dover_essere, realtà di valore,
realtà_prescrittiva], perchè il desiderio [essere] lo
desidera
[dover_essere], e la realtà desiderata comanda normativamente
l'azione [vigna]. il dover_essere [valore] è l'evoluzione in
atto [su
imitazione del prototipo cristico, attualmente ideale_incarnato e in
fase neo_creatrice_sacrificale] dall'essere [fatto] al nuovo_essere
[fatto]. il motore dell'evoluzione, intesa come libero cambiamento
etico [= dover_essere], è il desiderio [vigna], che è il
"ponte" tra essere e nuovo_essere.
argomentazione
1.] la ricerca_epistemica vede
nel tema vignano delle due totalità della coscienza [essere e dover_essere],
reciprocamente alternative ed escludentesi, il concetto epistemico di
invarianza di dio rispetto al processo creativo: l’essere include il
dover_essere; la totalità del dover_essere è una totalità inferiore e inclusa
nella totalità dell’essere [principio logico_etico: la logica include l’etica,
l’etica essendo una variazione (sacrificale) della logica (il logos), e
rimanendo la logica anche diversa e invariante rispetto alla propria variazione];
2.] la legge di hume, in
prospettiva cristiana, è immediatamente errata e confutata: il sistema dei premi e
dei castighi [il fatto/descrizione] è la sfera dell’essere, come è la sfera
dell’essere l’uomo [allo “stato di partenza”: fatto/descrizione]; l’azione per
conseguire il premio e l’azione di non agire, ottenendo così il castigo, è il
dover_essere [azione come valore/prescrizione]; a questo punto, la ricerca_epistemica
vede nel desiderio di vigna il ponte che unisce l’essere al dover_essere: poiché
desidero lo “stato di fatto” [il fatto dell’essere come nuove_essere] del
premio, agisco [in tale azione sta il dover_essere/valore];
3.] certo l’episteme può pensare
in questo modo perché ha razionalizzato totalmente la fede. la fede non è solo
non contraddittoria e
prezioso stimolo alla ricerca, ma è quel contenuto che, spiegato
dalla
ragione_epistemica, è divenuto la struttura della realtà,
per cui il sistema di
“premi e castighi” non è più un elemento
fideistico appartenente solo alla religione, ma è una determinazione della struttura
razionale della realtà [l'essere secondo ragione]. infatti
…
4.] … la dottrina epistemica del
senso ha intuito che dio è un soggetto in fase di creazione e selezione, ed
evolve tramite la creatura che, come lui, si sacrifica: evolve con la creatura
santa, e ad essa viene dato il premio nel giudizio, che è il “rendiconto” o
“bilancio a consuntivo” dello stato di vita dell’anima_terrena, giudicato da
dio più o meno compatibile con le sue esigenze ultraterrene [selezione per adattamento];
5.] ora l’attenzione si focalizza
sul “premio”: esso è il Bene, in senso platonico, e il Bene è un oggetto
materiale [essere, non dover_essere], ed è l’Alterità secondo vigna:
a.] il Bene è senz’altro dio;
b.] ma questo dio è il
dio_ideale, cioè una pura immagine di ciò che dio
“deve essere”/di ciò in cui dio deve
[hegelianamente] divenire [anche con il sacrificio di cristo sulla
croce];
c.] questo essere/fatto, che è il
premio che dio consegue per lo sforzo della sua creazione, è il desiderato
secondo vigna, cioè l’oggetto del desiderio di dio [che è in sé perfetto, ma è
anche manchevole dell’uomo], e quindi è il “comandante” [la passione di dio per
se stesso con l’uomo] che comanda a dio di creare/comanda nel senso di
stimolare/motivare;
d.] il Bene è anche l’uomo, come
l’uomo_ideale, ciò che io devo diventare [immagine perfetta di me, come
io_ideale, e quindi essere/fatto, non dover_essere] per consentire a dio di
completarsi con se stesso come con me, insieme a me, in unione e reciproca fusione.
6.] il dover_essere è invece
l’azione concreta, da perseguire perché l’essere_passato evolva
nell’essere_futuro, cioè nel Bene;
7.] accade però che questa azione
stia accadendo in cristo: egli è cioè il Bene in atto, sintesi e fusione di
essere e dover_essere/[non in senso retorico, infatti …] … quando io sto
studiando, io sono insieme essere e dover essere, cioè sacrificio in atto:
a.] sono essere, perché studio;
b.] sono dover essere, perché
sono [libera] volontà di sacrificio in atto.
8.] quindi, in questo momento, in
cui cristo sta creando, cristo è il Bene in atto, come ideale “incarnato”, cioè
in fase di sacrificio agente, e quindi egli è il prototipo a cui l’uomo deve
assimilarsi, non per essere simile ad un’immagine irreale [che pure è posta
positivamente come stimolo, quando ad esempio lo studente ha di sé l’immagine
di futuro avvocato], ma per essere simile ad un soggetto “realmente” ideale,
cioè che sta agendo in atto la propria idealità nel sacrificio di sè;
9.] vigna ha sottolineato il
desiderato come Altro:
a.] questo è dio;
b.] ma per la ricerca_epistemica
l’Altro è anche il Bene, ovvero:
b1.] l’ideale di dio [super_dio = nuovo_dio_con_l’uomo]
per dio;
b2.] l’ideale dell’uomo [super_uomo
= nuovo_uomo_con_dio] per l’uomo;
b3.] l’incrocio degli ideali [per l'incrocio si fa riferimento allo schema mc171.html_[...]];
b4.] cristo come ideale in atto
[il prototipo come modello platonico “vivente”: incarnazione e sacrificio].
10.] l’ideale per l’uomo è
l’anima paradisica_beata, in cui l’uomo diviene nell’al di là, se egli diviene
nell’al di qua in anima_terrena_santa, e quest'ultima è l'ideale terreno;
11.] l’episteme ha posto tre
leggi dell’etica:
a.] ama te stesso;
b.] quindi conosci te stesso,
accedendo al paradiso, in cui è custodito il segreto profondo di sé;
c.] per accedere al paradiso,
obbedisci a dio;
questa elencazione di norme è
volta a impedire che l’uomo, ponendo come primo precetto un non_Io, cioè “ama
dio”, alieni se stesso in dio [sublimazione]. qual è il rapporto tra tale
elencazione e il precetto morale fondamentale di vigna ?
11.] [qui ci si collega a quanto
detto al punto 4.] del sotto_paragrafo sull’analisi del testo di vigna e al
punto 9. del presente sotto_paragrafo]]:
a.] quando amo una ragazza, io
posso non pensare più a me, ma dipendere completamente da questa ragazza;
b.] allo stesso modo, il tendere
a dio può alienare e sublimare l’uomo;
c.] si ritiene che:
c1.] il precetto “ama te stesso”
sia applicabile all’uomo e a dio: dio verso super_dio e uomo verso super_uomo;
c2.] come evidenziato nello
schema mc171.html_[…], in cui si mostra l’incrocio tra dio e l’uomo, il precetto
di vigna può forse essere considerato come strumentale all’amore primo per se
stessi:
c2.1.] dice dio: poiché io amo me
stesso, amerò l’uomo;
c2.2.] dice l’uomo: poiché io
amo me stesso, amerò dio.
c3.] non si ritiene che amare
dio, da parte dell’uomo, significhi classificare il precetto di vigna come il
suo secondo comando: “… il secondo
comando, immediatamente subordinato al primo, deve orientare il desiderio alla
soggettività altrui (sempre in quanto e a misura che consenta l’obbedienza al
primo comando) …". si ritiene invece che amare dio, da parte
dell’uomo, sia un dover essere interno al primo dover essere [amare se stessi],
cioè sia una sua componente interna, dove “amare se stessi” significa,
nell’attuale condizione creatrice, tendere al Bene di sé [propria immagine
della santità], assimilandosi al prototipo cristico: amare se stessi come altruistico sacrificio del sè.